giovedì 9 ottobre 2014

Cara Annalisa

Fonte: sintesi dei commenti di Annalisa G. ai post "In Italia servono leggi subito per l'autismo" e "Intervento di Angsa", pubblicati su questo blog. Ringrazio Annalisa per l'amichevole contributo.

Ciao Gianfranco,
sono andata anch'io al convegno di Ferrara del 4 Ottobre, in quanto mamma di una bambina di nove anni ovviamente autistica ed ho avuto la possibilità di parlare con la Sen. Padua e con l'On. Biondelli brevemente.
Sono andata, pur tra mille difficoltà, perché mesi fa avevo scritto una mail alla Sen. Padua sul disegno di legge che non aveva ricevuto alcuna risposta.
Nella mail evidenziavo l'inutilità di una previsione come quella di incentivare progetti dedicati all'educazione sanitaria dei familiari e che piuttosto sarebbe stato necessario prevedere progetti di sostegno concreto e fattivo dei familiari.
Ho cercato quindi di ribadire alla Sen. Padua che non abbiamo bisogno di leggi programmatiche ma di leggi che affermano diritti positivi e concreti sia per i soggetti autistici che per le famiglie, mettendo in luce la differenza tra "educare" che non crea diritti di sorta e " sostenere" che invece li afferma.
Lo stesso Prof. Hanau, intervenendo a latere, ha replicato che probabilmente non ho studiato bene Filosofia del Diritto...pensa te come siamo messi, ci facciamo le scarpe a vicenda!! (nella vita faccio l'avvocato, n.d.r.)
[...]
Temo che ci troveremo di fronte all'ennesima legge programmatica. D'altra parte, mi sembra che l'Associazionismo si stia ripiegando su sè stesso quasi in difesa dei progetti fin qui raggiunti ( fondazione Marino e progetti residenziali realizzati dai genitori). Come spiegare che l'Italia continua a pagare pesanti sanzioni in base alle sentenze CEDU, disperdendo così preziosi contributi economici? 
Per quanto riguarda il durante noi io dico che non può essere posposto, altrimenti perdurerà il circolo vizioso del gatto che si morde la coda... Attenzione, anche se si sono fatti passi avanti in questi anni, in Italia ( per quello che mi riguarda in Emilia Romagna), siamo ancora ben lontani da un'effettiva presa in carico anche degli attuali bambini!!! 

Cara Annalisa,

penso che tu abbia posto alla nostra attenzione una serie di interessanti riflessioni. Impensabile liquidarle con una banale scrollata di spalle o, peggio ancora, limitandosi a un atteggiamento a metà tra il paternalistico e il supponente, come quello che hai ricordato: ciascuno ha il suo stile.

Entriamo nel merito della discussione. Il tema legato alla condizione degli autistici adulti è stato "scoperto" da Angsa abbastanza di recente e ciò ha comportato e comporta frequenti oscillazioni, tanto più incomprensibili se si lascia spazio persino a soluzioni "originali" di ben dubbia efficacia. Penso anch'io che la drammaticità della condizione degli adulti sia (anche) figlia di politiche finora falsamente ritenute del tutto coerenti con il soddisfacimento dei bisogni dei bambini e degli adolescenti autistici, la cui presa in carico non di rado è invece tutt'altro che esente da imperfezioni. Il vizio probabilmente sta nell'antica abitudine di confondere le eccezioni con lo standard.
Se ciò è vero lo è altrettanto che a 18 anni la situazione spesso difficile dei nostri figli diventa addirittura drammatica. Ciò accade, non smetterò mai di sottolinearlo, soprattutto a causa dell'atteggiamento miope della psichiatria italiana. Se fino a diciotto anni un intervento, pur certamente migliorabile, era per lo meno assicurato ai nostri figli, è facile comprendere quanto allarmante diventi la realtà nel momento in cui si "trasformano" gli autistici in veri e propri insufficienti mentali, in schizofrenici, psicotici ecc. Da qui la necessità di affrontare urgentemente questa realtà facendone una priorità assoluta. Io penso che quando Angsa presenta alla commissione Affari Sociali della Camera una sua proposta ciò sia assolutamente da apprezzare. Se una critica va mossa è semmai sul fatto che tutto questo sia avvenuto con colpevole ritardo.

Affrontare il tema del "dopo di noi" è, a mio parere, affatto in contraddizione con il "durante noi". Mi chiedo, infatti, come sarebbe possibile mantenere separati i due momenti: non può esistere un dopo sganciato dal prima o, se preferisci, un "dopo" che prescinde dal "mentre". È necessario preparare il futuro nostro e dei nostri figli partendo dal presente, lavorando a che le condizioni non divengano talmente drammatiche da favorire scenari imprevedibili (o paradossalmente fin troppo prevedibili).

Non ho mai attribuito alla legge virtù salvifiche. Sono però convinto che a una opzione legislativa non si possa e non si debba rinunciare. Troppa confusione, troppa discrezionalità, troppi abusi, per non capire che lo strumento legislativo deve diventare lo spartiacque di un agire che abbia al centro il riconoscimento dei diritti dei nostri figli. Si parla spesso in modo retorico di diritti esigibili dimenticando che quasi sempre essi lo sono solo sulla carta (e certo non per colpa delle famiglie...). Ecco perché mi interessa molto avere uno strumento che rappresenti un argine allo strapotere di tanti ignoranti che poco o nulla sanno di autismo ma che continuano imperterriti ad umiliare e calpestare la dignità di persone indifese. Mi interessa una legge che, una volta definiti gli indirizzi generali, rappresenti uno strumento concreto a disposizione di chi ogni giorno non sa dove sbattere letteralmente la testa, confuso da una moltitudine di interpretazioni spesso in antitesi l'una con l'altra.

È giusta la sottolineatura che una legge sull'autismo deve far scaturire progetti che abbiano una ricaduta immediata sulle famiglie e sui soggetti autistici. Entrambi, infatti, vanno aiutati con strumenti capaci di far avanzare realtà altrimenti stagnanti. Peraltro in questa direzione andavano la Linea Guida 21 dell'ISS e il documento approvato al termine della Conferenza Unificata Stato Regioni del 22 novembre 2012.

L'Italia è un paese assai originale da questo punto di vista: probabilmente la nostra legislazione sull'handicap è la più avanzata al mondo, basti pensare alla legge 68… Peccato che quasi nessuna di questi leggi sia effettivamente applicata...

Da qui l'esigenza di mantenere alta la mobilitazione, perché una legge sull'autismo fondata solo su enunciazioni teoriche e di principio non sposterebbero di un centimetro la nostra difficile condizione. Servono anche, direi soprattutto, risorse e strumenti concreti, programmi e progetti in grado di realizzare una vera alternativa alla situazione presente. Le famiglie non possono essere lasciate sole come troppo spesso è avvenuto e/o avviene. Sono indispensabili progetti di sostegno in grado di realizzare, da una parte, un miglioramento visibile e concreto di abilità e acquisizioni dei soggetti autistici e - dall'altra - capaci di sgravare i genitori da oneri talvolta insostenibili.

Qual è oggi la realtà di tanti autistici e dell'associazionismo? Come fronteggiare le difficoltà attuali? Provo a rispondere attraverso un esempio concreto. Mio figlio Gabriele, autistico di 33 anni, segue un piano farmacologico che, com'è naturale, va monitorato in modo puntuale e diretto. Avremmo dovuto farlo a inizio ottobre. Quando ho chiesto al neuropsichiatra (che è il suo referente sanitario territoriale) di definire un appuntamento egli mi ha risposto via mail nel modo seguente: "Sino ad ora non ho avuto incrementi orari (10 ore la settimana per tutto il Piemonte), vedremo di cercare uno spazio su novembre"!
È interessante sapere che In quelle stesse ore Angsa Torino inviava una e_mail ai suoi soci invitandoli a partecipare "numerosi" all'ennesima kermesse mediatico-editoriale che si sarebbe tenuta di lì a qualche giorno non già Torino bensì a Vercelli!

Spero di essermi spiegato bene: Angsa Torino anziché preoccuparsi di mobilitare i suoi iscritti perché cessi la vergogna di un laboratorio per autistici al cui responsabile viene concessa la miseria di 10 ore (da utilizzare per tutto il Piemonte) li chiama a raccolta per una passerella in cui di tutto si parlerà meno che dei problemi concreti delle persone autistiche (e sfido chiunque a smentirmi se dico che la salute è un problema importantissimo). Delle due l'una: o Angsa non conosce la realtà (e questo è grave perché vuol dire che non vive a contatto con il territorio) o, pur conoscendola, non fa nulla per ribaltare il quadro drammatico descritto (e questo diventa doppiamente grave...).
Possibile che nemmeno in occasioni come quella che ho citato si sia capaci di dare un segno di vita, esprimendo una ferma condanna di decisioni che confondono i risparmi di spesa con la cancellazione dei diritti primari delle persone più deboli? Possibile che non si chiamino alla mobilitazione tutte le famiglie e lo si faccia fino a quando queste misure odiose non saranno definitivamente ritirate?

Come vedi, Annalisa, nessuna legge, nemmeno la più perfetta, potrà impedire che si consumino certe vergogne. Perché ciò non accada, per far sì che l'Italia non continui a pagare le sanzioni CEDU (la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali) che molto opportunamente ricordavi, é indispensabile che ciascuno di noi operi per invertire questa logica perdente, riscoprendo le ragioni di un vero protagonismo che prenda immediatamente le distanze da ogni ipotesi di delega.
Senza questo cambio di passo, direi senza questo nuovo approccio culturale, temo che sarà impossibile uscire dalla palude in cui presto rischiamo di trovarci tutti, compresi perciò gli adulti di oggi e quelli di domani.

7 commenti:

Unknown ha detto...

Ho letto con interesse quanto testimoniato da Annalisa e Gianfranco,
premetto che se la nostra legislazione sulla disabilità fosse applicata non vi sarebbero motivi di recriminazione e di scontento,.
A cominciare dalla legge 328 sul progetto di vita che prevede una cura della persona con disabilità dalla culla alla tomba, alla legge 104 che prevede la massima integrazione nel tessuto sociale…etc.
In effetti dall'enunciare il diritto all'applicarlo e riscontrare nella quotidianità la declinazione dello stesso c’è l’oceano di mezzo.

L’autismo per mancanza di condivisione di scale di valutazione, ha serie difficoltà di diagnosi concordi, ci sono famiglie che hanno collezionato 3, 4 e più etichette sullo stesso disturbo.
Le proposte riabilitative (quando ci sono) raramente aderiscono alle necessità di supporto dello svantaggio che l’autismo comporta sul piano comunicativo e sociale. Genitori che conosco si caricano anche del fatto di fare terapie inutili pure di non scontentare i referenti della NPI.
Nella scuola quando si organizzano dei programmi personalizzati e vi è comunicazione tra gli interlocutori le cose funzionano altrimenti le situazioni di emarginazioni e di violenza diretta o indiretta non mancano.
La violenza è diretta quando ci sono veri e propri episodi di aggressività verbale e fisica, indiretta quando ci sono proposte educative inadeguate e ci si comporta come se loro non avessero svantaggi (come chiedere il riconoscimento dei colori a un ceco o di comporre musica a un sordo) .
Una via crucis in ogni ambito.
Una volta adulti ci sono i problemi si moltiplicano, vuoi per l’uso improprio di farmaci e per la mancanza di formazione specifica per mantenere le capacità acquisite e svilupparne altre.
Gianfranco testimonia in modo critico e costruttivo nel suo blog e nei suoi libri la realtà della vita adulta, senza che io ripeta il dramma di migliaia di famiglie.
Le conquiste raggiunte come la Linea Guida 21 e il documento “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei Disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico” approvato al termine della Conferenza Unificata Stato Regioni del 22 novembre 2012.
Sono indicazioni che in pochissime realtà vengono applicate.
Se sono applicate sono segmentate dalla buona volontà dei singoli piuttosto che da Poli specialistici regionali deputati alla ricerca , formazione, diagnosi e trattamento per tutto l’arco della vita. Senza depositari del sapere che possono fare esperienza con una casistica ampia per età e caratteristiche, non avremmo mai dei riferimenti sicuri.
Non credo che vi sia un solo polo specialistico così su rete nazionale.
Solo l’ASL di Mondovì ha fatto un progetto in questo senso, ma vi sarà la volontà dopo il duro lavoro del Dr Arduino e del suo staff di mantenere la specificità di trattamento per l’autismo?






Unknown ha detto...

Altre nubi all’orizzonte, la proposta presentata da ANGSA per il dopo di noi NELL’AUDIZIONE ALLA CAMERA DEI DEPUTATI DEL 23 SETTEMBRE 2014 non vedrà l’applicazione a breve per la richiesta di alta specializzazione. Altre associazioni non condividono il documento. Per cui il lavoro di Angsa è particolarmente duro per affermare il diritto della specificità di trattamento.
Mi rammarica quello che scrive Gianfranco riguardo il ritardo di Angsa nel perorare il diritto delle persone adulte con autismo. Nello statuto Angsa si parla di tutela di persone con autismo senza distinzione di età. Ricordo che in occasione del grande traguardo del Tavolo Ministeriale per l’autismo con l’allora Ministro Turco, avevamo chiesto delle Linee di indirizzo per tutto l’arco della vita già nel 2008. Ma mancavano i finanziamenti da parte dell’Istituto Superiore della Sanità per dare continuità alla Linea Guida 21, che definisce i trattamenti per l’infanzia e l’adolescenza.
Quando si parla di Angsa non ci si ricorda che l’Associazione composta da volontari che sono i familiari di persone con autismo, con tutti i problemi che questa convivenza comporta .Spesso questo ruolo comporta anche a rinunciare a quei pochi momenti di riposo di cui noi tutti abbiamo bisogno per impegnarci per il presente e il futuro di tutte le persone con autismo offrendo con gratuità impegno dedizione una speranza.

Gianvi ha detto...

Cara Sonia, molte cose sono scritte negli statuti... Il problema è che principi generali vanno tradotti in prassi...Se questo non avviene non sarà che (a volte) ci sono "anche" i nostri ritardi e i "nostri" errori, accanto a quelli di istituzioni che però non si sfidano mai con iniziative concrete di lotta e mobilitazione?
Credo di sapere quanto grande sia l'impegno di alcuni genitori in Angsa (e non solo). Ma in questo caso a me non interessava la retorica del volontario (devo dirti che quanto a volontariato nemmeno io scherzo, pur non avendo cariche nell'associazione) bensì provare a sviluppare un ragionamento "abbastanza" articolato sul tema di quale possa e/o debba essere in questa fase il ruolo dell'associazione, e soprattutto quello di ciascuno di noi.
Ho persino portato un esempio concreto di cose (posso dire "brutte" visto che in proposito tu non ti sei sbilanciata?) che una cera Angsa fa accanto ad altre sicuramente encomiabili. Se decidiamo di fare un discorso a tutto campo dobbiamo accettare (tutti) di metterci in discussione: non è che con la storia del volontariato copriamo anche ciò che non è da coprire... perché se lo facessimo, Sonia, tanta gente non ci capirebbe.
Io ringrazio Sonia Zen, presidente di Angsa Veneto, per l'importante contributo che ancora una volta ha voluto regalare a questo blog.

Autismo Treviso ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Fabio Brotto ha detto...

Caro Gianfranco, mi perdonerai il mio consueto nichilismo. Io a volte ho l'impressione che la gravità della situazione generale sfugga a molti, che finiscono per cullarsi nei sogni. Qui c'è un Paese la cui economia sta crollando, senza che si veda alcun motivo di ripresa; nel quale il rapporto giovani/anziani è spaventosamente sbilanciato, per cui avremo a breve un enorme problema di sostenibilità del welfare per i sempre più numerosi disabili per ragione d'età; un Paese in cui le leggi non vengono applicate o vengono applicate in modo distorto a favore di una minoranza. In questa situazione, pensare che basti una legge, per quanto buona sulla carta (e questo sarà da vedere), mi sembra veramente sbagliato. Quello che non ci sarà per gli anni a venire, sicuramente, sono le risorse economiche, senza le quali la legge è uno zero. Non bastano, le risorse, ma sono essenziali, e senza di quelle avremo due autismi, quello per i pochi, l'autismo delle classi alte, e l'autismo per i molti, l'autismo proletario o sotto-proletario.

Gianvi ha detto...

Caro Fabio,

nel mio articolo, tra l'altro, ho scritto: "Non ho mai attribuito alla legge virtù salvifiche. Sono però convinto che a una opzione legislativa non si possa e non si debba rinunciare. Troppa confusione, troppa discrezionalità, troppi abusi, per non capire che lo strumento legislativo deve diventare lo spartiacque di un agire che abbia al centro il riconoscimento dei diritti dei nostri figli. Si parla spesso in modo retorico di diritti esigibili dimenticando che quasi sempre essi lo sono solo sulla carta (e certo non per colpa delle famiglie...). Ecco perché mi interessa molto avere uno strumento che rappresenti un argine allo strapotere di tanti ignoranti che poco o nulla sanno di autismo ma che continuano imperterriti ad umiliare e calpestare la dignità di persone indifese. Mi interessa una legge che, una volta definiti gli indirizzi generali, rappresenti uno strumento concreto a disposizione di chi ogni giorno non sa dove sbattere letteralmente la testa, confuso da una moltitudine di interpretazioni spesso in antitesi l'una con l'altra".

Come hai letto sono assolutamente consapevole che una legge, che immagino perfettibile, da sola non basti. E tuttavia...
Il tuo non è nichilismo ma sano realismo. Non è questa la sede per un approfondimento politico. Mi limito solo a ricordare che, seppure in un contesto economico sicuramente pesante, i sacrifici potrebbero e dovrebbero essere ripartiti diversamente, sulla base di precise priorità. Trattasi però di questione che il capopopolo fiorentino, che si masturba nel suo 40%, si guarda bene dall'attuare, magari in attesa di una imbeccata di Marchionne o Farinetti, notriamente molto sensibili ai bisogni degli Ultimi.
Molte volte io ho denunciato il rischio di ritrovarci con autistici di serie A e di serie B, dunque comprendo perfettamente le tue preoccupazioni. A me pare che le associazioni (quel che resta delle associazioni) dovrebbero tentare, quanto meno, di dare uno scossone alla politica anzichè perpetuare una posizione subalterna e codista. Perché non pensare a giornate di mobilitazione in cui accanto alla sacrosanta denuncia della demagogia dei politici (quelli che stessi che però si invitano in convegni insipidi perché assicurano un trafiletto sui giornali) si illustrano le proprie prposte? Perché aspettare il 2 Aprile consentendo a certa gente una vetrina che non meritano assolutamente? Perché non riconoscere (perdonami se estremizzo) che l'autismo non è un giorno all'anno ma 365? Perché non provare ad uscire dal facile circuito della delega e/o (specularmente) della rassegnazione?

* Ringrazio molto Fabio Brotto (Presidente di Autismo Treviso) per l'intervento. Colgo l'occasione per segnalare che tra i link da me consigliati tanto qui che sul sito gfrvitale.altervista.org c'è il suo blog. Invito tutti a visitarlo perché ritengo che sia uno spazio intelligente., del quale è utile usufruire.

Unknown ha detto...

Capisco il realismo di Fabio, che ha una visione nitidissima di welfare che ridurrà i margini assistenziali. Le cause sono l'aumento della disabilità .dovuta alle aspettative di vita maggiori.della popolazione. e. a una situazione economica al collasso. Posso condividere la visione e l'analisi ma mi allineo con le aspettative di Gianfranco che vuole chiarezza e risposte aderenti ai bisogni dei nostri figli. Abbiamo tutti compreso che i costi sociali dell'autismo sono alti ma se le famiglie disponessero di personale preparato che accompagnasse dalla diagnosi alla vita adulta i nostri figli, credo che l nostra fatica e convivenza sarebbero sicuramente migliori.

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