martedì 14 ottobre 2014

L'evoluzione dell'insegnante di sostegno

fonte superabile.it, 14 ottobre

E' entrata nel secondo anno, in Trentino, la sperimentazione di un nuovo modo di fare sostegno scolastico. Sostenuta dall'Iprase, l'Istituto provinciale per la ricerca e la sperimentazione educativa della Provincia autonoma di Trento, l'ipotesi da cui la sperimentazione prende le mosse è quella di un'evoluzione dell'insegnante di sostegno, che non prevede tagli di organici e che punta tutto su una didattica inclusiva. Ne parliamo con il professor Dario Ianes, docente di Pedagogia e didattica speciale all'università di Bolzano e fondatore delle Edizioni Centro Studi Erickson di Trento per le quali ha di recente pubblicato "L'evoluzione dell'insegnante di sostegno. Verso una didattica inclusiva". Nel volume Ianes propone - e la proposta sta suscitando un vivace dibattito - di superare la figura professionale "speciale" dell'insegnante di sostegno così come la conosciamo oggi.
"La nostra ipotesi prevede circa 25mila specialisti che girano per le scuole italiane a far da supporto e, lavorando insieme agli insegnanti curriculari e a quelli di sostegno già assegnati, al contempo formano". Perché "la formazione si fa facendo cose insieme". Escluso ogni approccio cattedratico: questi esperti sono "peer tutor". Ognuno tiene sotto controllo dalle 10 alle 15 classi e, aspetto non di poco conto, lo fa con continuità: "Non stiamo parlando di presenze spot: lo specialista entra appieno dentro alle dinamiche della classe - a partire dal cambiare la disposizione dei banchi e  semplificare il materiale - e resta, con la sua  equipe, punto di riferimento costante". Uno dei problemi riportati dagli insegnanti curriculari è, infatti, come riferisce Ianes, che sono soli e che, se sorgono dei dubbi, non sanno a chi rivolgersi.
Cosa sta succedendo a Trento da oltre un anno? "Una commissione ad hoc ha selezionato due esperti tutor: distaccati dal loro incarico, svolgono formazione a un'ottantina di insegnanti - auto selezionati - di 17 classi di scuola primaria e media ognuna con almeno un caso di disabilità al proprio interno". Il tutto dopo una "summer school" e con la supervisione dello stesso Dario Ianes insieme alla collega dell'università di Trento Paola Venuti. E' appena cominciato il secondo anno di sperimentazione, alla fine del quale si farà una "misurazione comparativa" rispetto ad altre 17 "classi di controllo" di altre scuole. Cosa si andrà a misurare? "I risultati di apprendimento di tutti gli alunni, il clima sociale in classe, le abilità di studio, le competenze meta-cognitive, e poi si sonderà anche la percezione delle famiglie attraverso questionari". Se i risultati saranno positivi, "si aprono delle prospettive - dice Ianes - e si comprenderà meglio che può esserci forse un modo nuovo di usare il sostegno, con più normalità e più competenza tecnica".
Di "sostegno evoluto" si parla dal 2011, quando il professor Ianes sollevò la questione nell'ambito della pubblicazione di uno studio della Fondazione Agnelli. Nel recente libro edito da Erickson, Ianes riporta "due conti" e "sì, si spenderebbe di più, ma è un investimento. Non è a costo zero perché il patrimonio di ore di sostegno di cui c'è bisogno in ogni classe resto lo stesso": insomma i tutor-specialisti non vanno a sostituire i docenti di sostegno, ma costruiscono insieme a loro e insieme ai docenti curriculari un modo di fare il sostegno da cui è bandita la pratica della "delega", che troppo spesso "entra e inquina il sistema".
Attualmente con quale bagaglio formativo entra in classe l'insegnante di sostegno?
Fino a qualche tempo fa doveva seguire 400 ore di formazione, di cui 100 di tirocinio, all'interno della facoltà di Scienze della formazione, prima ancora c'erano corsi biennali più impegnativi. Ora il ministero ha indetto la seconda edizione di un percorso di 1500 ore, pari a un anno accademico, di cui io e alcuni colleghi abbiamo scritto le linee: i primi insegnanti così formati usciranno a marzo-aprile 2015. Avrebbero molto senso anche dei master su competenze specifiche.
Fand e Fish avevano messo a disposizione 120 esperti che, solo chiedendo il rimborso delle spese di viaggio, avrebbero fatto formazione sui territori . Iniziativa che il governo ha rigettato per scegliere invece l'indizione di gare d'appalto regionali tra le società accreditate per la formazione (con 450 mila euro ripartiti tra gli Uffici scolastici regionali, circa 22 mila euro a regione.). Come giudica l'una e l'altra scelta? 
Apprezzo lo sforzo, da anni Fish e Fand dicono che vanno formati i docenti curriculari per evitare la delega ed è proprio questo il nodo cruciale, quindi è un'ottima cosa perché quella formazione va fatta. Come? La formazione vera deve cambiare le prassi. E' difficile, con quelle scarse risorse del governo, riuscire a farlo davvero. Più che il singolo insegnante, è il consiglio di classe a doversi far carico dell'integrazione. Credo anche che la formazione dei curriculari debba essere inserita in un discorso di carriera: devi premiarmi fortemente se io mi formo.
Di fronte alla carenza di sostegno, o all'inadeguatezza di alcuni plessi ad accogliere i figli con disabilità, alcuni genitori scelgono l'insegnamento parentale, richiedendo il sostegno a casa. Cosa ne pensa? Una sconfitta per tutti? 
Occorre valutare caso per caso e distinguere le disabilità più gravi, per alcune delle quali per esempio occorre la scuola in ospedale. In generale, la tendenza a rinchiudersi delle famiglie impoverisce le famiglie e la scuola: sì, è una sconfitta, si apre una grossa crepa. E' chiaro che è una scelta non facile, un ripiegamento doloroso. C'è un altro aspetto problematico di questo insegnamento parentale, e cioè che i genitori fanno scuola: è discutibile dal punto di vista della socialità, dei meccanismi di formazione della persona alla vita istituzionale e democratica, a scuola lotto, negozio con l'insegnante e con i compagni. E non dimentichiamo che la scuola ha anche la  funzione di aprire spazi di vita per il genitore.


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