Facevo, oggi pomeriggio, una passeggiata con Gabriele in via Cibrario, qui a Torino. All'altezza di un civico che non ricordo il mio sguardo si è posato su un drappo listato a lutto. Non riuscivo a ricordare dove avevo letto il nome che vi era scritto... Poi ho collegato: sulla Stampa Massimo Gramellini aveva dedicato il suo "Buongiorno" proprio a Stefano, e io avevo letto l'articolo qualche ora prima.
Invito, quanti non hanno avuto questa possibilità, a leggerlo e meditarlo: trovo che un po' tutti ne "abbiamo" grande bisogno...
27 febbraio, fonte La Stampa, Massimo Gramellini
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Invito, quanti non hanno avuto questa possibilità, a leggerlo e meditarlo: trovo che un po' tutti ne "abbiamo" grande bisogno...
27 febbraio, fonte La Stampa, Massimo Gramellini
A ottobre ricevetti una mail da Stefano
Martoccia, ingegnere torinese di trentatré anni colpito da un tumore alle ossa
che gli era costato l’amputazione della gamba destra. Stefano abitava
all’ultimo piano di una casa senza ascensore e aveva informato i coinquilini
dell’intenzione di installarne uno a sue spese. L’assemblea di condominio -
luogo tra i più ottusi ed efferati dell’umanità, al cui confronto il Parlamento
è un covo di idealisti - aveva negato l’assenso. La legge consentiva a Stefano
di procedere. Ma il dominus dell’assemblea, titolare della maggioranza dei
millesimi, aveva opposto ostacoli ed eccezioni, arrivando a insinuare che il
giovane volesse costruire l’ascensore con gli incentivi concessi ai disabili
per aumentare il valore del suo appartamento e poi rivenderlo. Aveva preteso
che Stefano sottoscrivesse un documento in cui si impegnava a rimuovere
l’impianto, in caso di cessione della casa, e a utilizzarlo in esclusiva,
negando le chiavi dell’ascensore a parenti e infermieri. Stefano si era rifiutato
di firmare e mi aveva manifestato il suo dolore stupefatto per le soglie di
cattiveria a cui può giungere un essere umano. I suoi condomini, scriveva,
erano frequentatori assidui della parrocchia. Devoti al prossimo, purché non
abitasse a casa loro.
Girai la mail alla collega Maria Teresa Martinengo, che scrisse un articolo sul giornale
nella speranza che qualcuno si vergognasse. Ma nessuno si vergognò. Per non
perdere energie che gli servivano altrove, Stefano accantonò il progetto
dell’ascensore e si trasferì nell’appartamento del cugino al pianterreno, dove
una morte più misericordiosa degli uomini è venuto a prenderlo ieri mattina.
di
Maria Teresa Martinengo