Ho scritto, sul sito (AutismoIN), un articolo il cui incipit è il seguente:
Mi
succede spesso di sentire parlare di “diritti esigibili”, ma confesso che a
volte non sono sicuro che chi usa questa espressione ne ha compreso pienamente
il senso. C’è una condizione precisa perché i diritti siano esigibili ma non
sempre questo requisito pare emergere dai ragionamenti che ascolto o che leggo.
Diciamo
subito che i diritti rappresentano per tanti familiari, di soggetti autistici e
non solo, veri e propri nervi scoperti. La burocrazia, la farraginosità di
molte disposizioni, se non si configura addirittura il non ascolto degli
interlocutori, determinano sentimenti -in apparenza contraddittori - di
rassegnazione e rabbia: sono quelli i cui risvolti salgono, talvolta, agli
onori della cronaca, salvo beninteso essere dimenticati alcune ore dopo,
allorché l’audience dei media fagocita e tritura altro.
Davanti a questa realtà è paradossale che
qualcuno scriva:“Il problema spesso è l’arrendevolezza delle famiglie di fronte allo
Stato”. Poco ragionevole perché penso che questa definizione racconti solo
un aspetto, per giunta il meno importante, della situazione. La vera questione,
detto banalmente, è che – a mio parere - per essere realmente esigibili i
diritti devono esistere in concreto e non in astratto!
Il post può essere letto nella sua interezza e commentato cliccando sul seguente link
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