fonte redattoresociale.it
“Passare dai bisogni ai diritti, cambiando le fondamenta:
questo ci chiede di fare la Convenzione Onu per i diritti delle persone con
difficoltà”, riassume Giampiero Griffo, membro dell’esecutivo di Dpi, Disabled
peoples’ International e rappresentante italiano nel board del Forum europeo
sulle disabilità.
Griffo parte da qui per raccontare le nuove prospettive per i
servizi residenziali per le persone con disabilità: “Innanzitutto, bisogna
intendersi su chi è una persona disabile: una volta per tutte, la convenzione
spiega che non è altro che una persona con un proprio modo di funzionamento,
esattamente come tutte le altre”. Per questo motivo, serve lavorare per
garantire alle persone disabili l’accesso a tutti i diritti e concretizzare
opportunità di empowerment, concetti lontani anni luce da quanto avviene oggi:
“Per le persone con disabilità intellettiva sono messi a disposizione centri
diurni, strutture protette, centri di accoglienza. Ma questa logica negativa li
impoverisce, li obbliga a vivere una vita che altri hanno scelto per loro,
completamente istituzionalizzata e stabilita in precedenza.
L’articolo 19 della
Convenzione, invece, indica tutta un’altra strada”. L’articolo 19, infatti,
sancisce che le persone con disabilità possano scegliere, esattamente come
fanno tutti gli altri, dove, come e con chi vivere, con accesso a una serie di
servizi a domicilio, residenziali o ad altre forme di sostegno, compresa
l’assistenza personale necessaria per consentire loro di vivere nella società e
impedire che siano isolate o vittime di segregazione. “Ovviamente, questo è un
percorso: in primo luogo, serve un nuovo criterio di valutazione e accertamento
della disabilità – e non, si badi bene, dell’invalidità – e un nuovo sostegno
all’indipendenza che, come detto, va a braccetto con l’empowerment”. Di
conseguenza, è necessario un cambiamento metodologico, che vada oltre le
diagnosi, i farmaci e i centri diurni per arrivare a un progetto di vita che
possa offrire inclusione.Pochi giorni fa il Governo ha annunciato che il Fondo per la non autosufficienza sarà di 400 milioni di euro: “Per ora è solo una promessa. In ogni caso, l’aumento della cifra è frutto dell’iniziativa delle associazioni. Ma siamo ancora lontani da un sistema in grado di garantire a tutti l’autodeterminazione. Purtroppo, è il modello del welfare italiano uno degli ostacoli più grandi all’autodeterminazione delle persone con disabilità. Un welfare che spende un sacco di soldi nella logica istituzionalizzata dei servizi, mentre dovrebbe promuovere la permanenza attiva e adeguata dei disabili all’interno delle famiglie in una logica di progressiva autonomia. Un welfare gestito anche da politici spesso non preparati sul tema e da operatori con una mentalità legata al modello medico”.
Griffo chiede una formazione del personale sanitario e assistenziale non legata alle strutture ma focalizzata sui singoli, più concentrata sui diritti umani. “Secondo me, in Italia ci sono le linee tracciate, ma serve una rivoluzione culturale e politica”.
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