venerdì 6 giugno 2014

UNA NOTA SULLA PROPOSTA DI LEGGE SULL'AUTISMO

E' in fase avanzata la presentazione dell’importante disegno di legge sull’autismo. Quella che segue è una nota redatta dal dottor Francesco Fera (cui va il mio grazie per l'amichevole contributo), attraverso la quale si segnalano alcune osservazioni ma anche, spero, possibili utili idee di lavoro. La riflessione ha riguardato in particolare gli aspetti sanitari del provvedimento, che (almeno questa è la mia personale convinzione) sono assolutamente centrali.
1.      La proposta di legge
Non si può non assumere a riferimento la Costituzione, in particolare gli articoli 32, 38 e 117 – la legge di istituzione del SSN unitamente ai successivi decreti di riforma e la legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
Se integrazioni normative ci devono essere, al parlamento credo si debba chiedere di produrre leggi che vadano nella direzione di estendere l'esercizio dei diritti e ridefinire l’ambito dei doveri sulla base dei principi costituzionali, specie laddove il quadro di diritti e doveri non è sufficientemente chiaro, in ragione dell’emergere di nuovi bisogni o di vulnus da sanare.
L’impressione è che, fatta eccezione per l'art. 6, niente venga aggiunto a quanto già esiste. In altre parole, non sembra di intravedere in quanto scritto possibilità rinnovate ed implementate per la fruizione dei diritti, né obblighi e vincoli per alcuno nel rispetto dei principi costituzionali.
Per quanto riguarda gli adempimenti richiesti all'Istituto Superiore di Sanità e ad AIFA  (l’agenzia chiamata in causa per quanto riguarda il foglio informativo delle confezioni farmaceutiche) si invita a rileggere l’art. 33 della Costituzione.
Se così è la legge è inutile, non produrrà effetti se non quello di impegnare la XII Commissione su un falso problema, il rischio è creare aspettative prive di prospettiva.
2.      Linee Guida e Conferenza Stato-Regioni
Le linee guida sono uno strumento estremamente utile. Ai non addetti ai lavori offrono l'opportunità di comprendere gli indirizzi dati dai responsabili ai professionisti per la pratica professionale. Riprendo dalla pubblicistica corrente una definizione di Linee Guida, che ritengo completa e condivisibile.
Secondo la definizione dell’Institute of Medicine le LG sono "raccomandazioni di comportamento clinico, prodotte attraverso un processo sistematico, allo scopo di assistere medici e pazienti nel decidere le modalità di assistenza più appropriate in specifiche circostanze cliniche".
Interpretando quanto scritto - ma non solo – credo si possa dire che le LG non obbligano nessuno, ma certo offrono una opportunità per indirizzare il proprio agire professionale su prassi fortemente raccomandate perché supportate, nel migliore dei casi, da evidenze scientifiche molto solide o quanto meno da un consenso professionale molto ampio. Ciò detto, neanche la giurisprudenza sembra avere orientamenti univoci e sufficientemente chiari in materia di responsabilità medico-legali. 
Un medico non può essere obbligato da alcuna norma a violare la propria deontologia professionale: un medico deve agire per scienza e coscienza. Per quanto attiene le scelte di natura strettamente professionale, un medico risponde ad un obbligo di natura etica, deontologica, professionale. Non potrebbe essere diversamente.
Le Linee Guida di cui parliamo non sono rivolte solo a medici, ma investono tante altre professionalità, altri settori di intervento ed i relativi responsabili, gli enti periferici - per quanto riguarda il SSN le Aziende Sanitarie Territoriali - che rappresentato nel processo decisionale il terminale nella attribuzione delle risorse ed organizzazione dei servizi, tra questi quelli che fanno capo al dipartimento di salute mentale.
Le L. G. possono orientare l’organizzazione dei servizi e l'attribuzione delle risorse? La mia risposta è affermativa. Il processo di attribuzione è complesso, perché complessa è l’architettura istituzionale che lo governa.
In base all’art. 117 della Costituzione, la Sanità dal 2001 è materia concorrente.
Il passaggio dalla Conferenza Stato Regioni è obbligato e, in qualche maniera, dovrebbe riuscire a garantire una certa unitarietà del SSN. L’esperienza di questi anni ed i risultati al momento la dicono lunga sulla grande difficoltà a riuscirci.
Per inciso, il testo che ho letto (credo risalga a Marzo scorso e non so se è stato aggiornato) di riforma del Titolo V, quello che è in discussione al Senato per la ridefinizione del ruolo delle regioni alla luce della riforma dello stesso senato, mi ha fatto rabbrividire, visto che sembra quasi che la sanità rischia di diventare materia esclusiva regionale. Non è quanto ha predicato sin dall'inizio la Lega? Mi auguro che si sia stato adeguatamente modificato, altrimenti sarebbe una tragedia.
Comunque sia, nell'attuale assetto istituzionale, la Linea Guida può in qualche maniera essere vincolante per le Regioni a patto che si trovi il modo di farla entrare nel Piano Sanitario Nazionale quale specifico obiettivo, o meglio quanto in essa previsto diventi obiettivo inserito in quelli assegnati ai servizi di Salute Mentale.
Infatti, solo un obiettivo di Piano può portare i Dipartimenti di Salute Mentale a rispondere dei Livelli essenziali di assistenza da garantire agli adulti con DPS. Gli obiettivi di riorganizzazione non saranno comunque sufficienti, da soli, se le Società scientifiche cui fanno riferimento la psichiatria e la neurologia, la ricerca e le scuole di specializzazione non lo assumeranno anche come loro obbiettivo. Ma per ottenere questo serve ben altro lavoro di promozione e pressione.
Esiste inoltre un ambito dei Lea, quello della integrazione socio sanitaria, dove sono chiamati in causa gli Enti Locali ed un Fondo Sociale che ... I puntini di sospensione indicano che purtroppo qui si incontra un grosso punto di domanda che si pone di fronte a tutta la problematica relativa all'assenza di un Fondo Sociale Nazionale.
La Carta dei Servizi, di cui tutte le Aziende Sanitarie dovrebbero essere dotate, offre la possibilità di attivare percorsi di tutela dei diritti dei cittadini. È uno strumento che deve essere utilizzato al massimo delle sue potenzialità, sia come singoli cittadini che come associazioni di difesa dei diritti, se si vuole esercitare la giusta pressione sugli organi decisionali.
Si tenga presente che la mancanza di fondi adeguati per le prestazioni socio-sanitarie accomuna le persone affette da DPS divenute adulte più o meno giovani a tanti altri cittadini (bambini, adolescenti, giovani, adulti ed anziani) in condizione più o meno grave di NON AUTOSUFFICIENZA. I soldi sono pochi e le scelte istituzionalizzanti sono le prevalenti, se non esclusive.
Forse uno sforzo di iniziativa politica e quindi legislativa in questa direzione avrebbe ben altro senso.
3.      I Livelli Essenziali di Assistenza
Le prestazioni sanitarie e socio sanitarie per le persone in età evolutiva e/o età adulta con DPS sono previste nei livelli essenziali di assistenza. Non è detto che non possano essere implementate. I LEA sono oggetto di decreto previa intesa con la Conferenza Stato Regioni.
Il Decreto, primo ed ultimo, è del 2001. Il FSN viene ripartito tra i diversi livelli. È una determinazione di tipo politico perché definisce criteri di attribuzione di risorse. Richiede l'intesa istituzionale perché le Regioni sulla base di quello che possono garantire ricevono consenso. Subisce forti pressioni "lobbistiche".
Nel 2008, se ricordo bene, l’allora Ministro della Sanità On. Turco, 20 giorni prima della caduta di Prodi, emanò un decreto fortemente contrastato dal centrodestra che venne annullato subito dopo per assenza di copertura. È da allora che si parla di nuovi LEA. Si è intervenuto a questo livello?

In definitiva - e senza poter entrare nel merito dei temi relativi a Ricerca e Scuola per comprensibili motivi non avendo titolo – la mia impressione è che si ritenga, in maniera erronea e semplicistica, di poter by-passare con una semplicistica proposta di legge l’articolato e complesso processo che dovrebbe portare ad avere servizi adeguati per una specifica fascia della popolazione su tutto il territorio nazionale.

F. Fera, Dirigente Medico presso l'azienda ospedaliero universitaria Mater Domini di Catanzaro,
                 

1 commento:

Unknown ha detto...

Molto interessanti queste considerazioni del Dr F. Fera, che ringrazio per la chiarezza e la competenza e per i dubbi sollevati che sono fonte di riflessione.
Quello che ho colto è che il Disegno di legge una volta approvato non garantirà una adeguata presa in carico, perché la discrezionalità e la preparazione del personale ha una discrezionalità sugli indirizzi della Linee Guida. il disegno di Legge non attribuisce risorse aggiuntive per cui sarebbe una pia illusione pensare a una modifica radicale nell'approccio all'autismo. Chiedo se la costituzione di Poli Regionali di eccellenza per diagnosi , cura e ricerca che possano valutare, formare e monitorare per tutto l'arco della vita le persone con autismo, potrebbero modificare l'approccio e la mentalità autoreferenziale dei Servizi?
Diversamente per quel che succede per le persone che possono essere cardiopatiche, diabetiche...etc in cui si attuano dei protocolli condivisi di cura per le persone con autismo impera il far west per cui ogni servizio può proporre un percorso diverso sia dal punto di vista riabilitativo che farmacologico.
Come si potrebbe ovviare a questa babele che disorienta e sconcerta ogni genitore?
Grazie Gianfranco per aver invitato il Dr. Fera.

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