Faraone: "Quella orribile
Casa di Alice, dove i sogni non erano ammessi"
La testimonianza del responsabile
welfare del Partito democratico, dopo la sua visita al centro
socio-riabilitativo di Grottammare dove sono stati arrestati 5 operatori per
maltrattamento. “In quei momenti ho pensato a mia figlia”
"L’ennesimo
luogo dell’orrore”. Per Davide Faraone, responsabile welfare e scuola del
Partito democratico, non ci sono altre parole per descrivere quel che ha visto
nel centro socio-riabilitativo di Grottammare (Ascoli Piceno) “La casa di
Alice” che nei giorni scorsi ha visto quattro educatrici e il coordinatore del
centro arrestati per maltrattamenti ai danni dei ragazzi autistici, ospiti
della stuttura. A coordinare le indagini che hanno portato agli arresti, la
Procura della Repubblica di Fermo. Secondo il racconto dello stesso
procuratore, Domenico Seccia, all’interno del centro era stata creata una vera
e propria stanza di contenimento, in cui le giovani vittime venivano rinchiuse.
Con una delegazione del Partito democratico, Davide Faraone ha visitato ieri la
struttura e a Redattore sociale consegna le prime impressioni su quella che
doveva essere una casa dei sogni, ma che per le giovani vittime si è
trasformata in una casa degli orrori. Una testimonianza di politico e di
genitore di una bambina autistica che riportiamo integralmente.
La "Casa di
Alice", la casa dei sogni, aveva una stanza chiamata "della
crisi".
Un ossimoro. 2 metri e 58 centimetri per 6 metri e 11 centimetri. Quattro
pareti tinteggiate d'azzurro. Nessun quadro, né un tavolo, nemmeno una sedia.
Una stanza vuota, vestita soltanto dall'azzurro delle pareti. Comune di
Grottamaggiore, provincia di Ascoli Piceno. Con una delegazione del Pd, abbiamo
deciso di essere lì. Nell'ennesimo luogo dell'orrore.
I piedi delle
sedie e delle poltrone, in quella struttura, sono attaccate con lo scotch, come
fossero vagoni di un treno. O così o ce le lanciano addosso, dicono gli
operatori. Non c'è un giardino. Gli "utenti" hanno un'età compresa
tra gli otto e i vent'anni. In tre stanze, tutti insieme, stessi orari,
nessuna attività differenziata. Nessuna organizzazione dello spazio e
del tempo. "Elementare Watson", direbbe Sherlock Holmes.
Le forze
dell'ordine, piazzano una telecamera in quella stanza, e nelle altre stanze
della struttura e scoprono che in quella casa i sogni non erano ammessi.
La follia non era un sogno, come per il Gatto in "Alice nel paese delle
meraviglie", ma una cosa da contenere in un cubo.
"Ma io
non voglio andare fra i matti", osservò Alice.
"Be',
non hai altra scelta", disse il Gatto "Qui siamo tutti matti. Io sono
matto. Tu sei matta."
"Come lo
sai che sono matta?" Disse Alice.
"Per
forza," disse il Gatto: "altrimenti non saresti venuta qui."
Tutte le
volte che uno dei 12 ragazzi del centro aveva una crisi, veniva sbattuto in
isolamento. Chiuso a
chiave e lasciato lì da solo, fino a quando non avesse ritrovato la serenità.
Come nei film, in carcere, il detenuto cerca di scappare, viene catturato e
lasciato in gattabuia, digiuno e senz'acqua. Punizione esemplare. Educativa.
In quella
stanza azzurra, non c'era nessuna chiave rossa per uscire, nessuna pozione per
diventare più piccola e scappare, nessun pasticcino per diventare più grande e recuperare la chiave.
Potevano tentare di aprire la porta, sfinirsi per tentare di buttarla giù.
Stremati, non gli restava che sedersi, poi sdraiarsi. Infine, aspettare che
qualcuno aprisse e gli consentisse di continuare ad inseguire il coniglio
bianco.
Ho pensato a
mia figlia in quei momenti. Se tutte le volte che avesse una crisi, che a volte
sfocia nell'autolesionismo, la lasciassimo chiusa in una stanza da sola a
riempirsi di botte e morsi. Ma come può raggiungersi questo livello di
assuefazione? Come si arriva al punto di non accorgersi del dolore altrui? Accorgersi
e occuparsi di chi soffre e non sa comunicarlo in modo convenzionale, vale
ancora di più. Scovare quel dolore e saper trovare il modo di arginarlo,
aumenta in modo esponenziale la sensibilità di un uomo. Gli dona una ricchezza
interiore, altrimenti insperata. "Saretta non pensarci, cancellalo".
Quanto vale vedere la sua manina muoversi come una gomma lungo la fronte, per
fare il gesto di cancellare un brutto pensiero. Quanto vale aver costruito
quella consapevolezza in un essere umano.
La crisi
nasce da un pensiero distorto, da un desiderio represso. Si combatte con la
parola, con i gesti, con i toni rassicuranti, con distrazioni positive. Certo,
necessita di più tempo e pazienza, rispetto a quanto ne occorre utilizzando
"la stanza".
La stanza è
la scorciatoia di operatori che non sanno fare il proprio mestiere. Selezionati, non si sa per quali
meriti.
La stanza è
il simbolo della superficialità di una società e di istituzioni che non hanno
mai il tempo di occuparsi delle cose che contano veramente.
La "Casa
di Alice" è un'altra cosa.
Se io avessi
un mondo come piace a me, là tutto sarebbe assurdo: niente sarebbe com'è,
perché tutto sarebbe come non è, e viceversa! Ciò che è, non sarebbe e ciò che
non è, sarebbe! (Alice).
2 commenti:
E se le istituzioni controllassero periodicamente le strutture per le quali il più delle volte partecipano alle spese?
E anche i genitori, per quanto disabili siano i figli è mai possibile che non riescano a percepire un disagio maggiore?
Le istituzioni sanno solo delegare e le famiglie hanno in mano strumenti troppo limitati. Sarebbe necessario definire uni standard ed effettuare controlli frequenti e "improvvisi" da parte degli uffici preposti. Temo che controllori e controllati siano un tutt'uno!
Fabry
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