Cara Viola,
ho assistito
alla proiezione di “Pulce non c’è” e di getto scrivo ora le sensazioni che il
film, dopo la lettura del libro, mi hanno procurato.
Come sai, fortunatamente, non sono un critico
cinematografico né uno di quei cosiddetti “grossi personaggi” (magari diventati tali abbastanza
misteriosamente) di cui i media riportano - un giorno si e l’altro pure -
ogni dichiarazione, anche la più bizzarra e/o banale. Dovrai accontentarti di
molto meno, e me ne scuso anticipatamente…
Vivere questo film, ed essere contemporaneamente genitore di
un soggetto autistico, produce – per lo meno questo è capitato a me - una
struggente, inarrestabile, emozione, che si fa fatica a racchiudere in poche
parole e poi a raccontare.
Gaya e Giuseppe Bonito riassumono bene il senso della realtà
che ci circonda. Succede nella sequenza finale del film, quando “Giovanna” ci
ricorda che “Pulce”, e con lei le nostre
“Pulci”, continuano - nonostante tutto e contro ogni logica - a non esserci, a
non esistere. Gli autistici erano e restano, fondamentalmente ” invisibili” a
(quasi) tutti.