In quelle stesse ore non mi vergogno di dire che ero con Gabriele, autistico di 32 anni, a zonzo per la città, in bici, e poi a gustare un ghiacciolo, impegnato a regalargli scampoli di una serenità perduta o forse mai conosciuta.
Consiglierei, se potessi, al pubblico radical chic e sinistrorso (lo dico da comunista dichiarato e mai pentito) che si è dato appuntamento nello sfarzoso cortile d'onore di palazzo reale a Torino, di provare a vedere come è fatto realmente un autistico in carne e ossa, come sono ridotti i suoi genitori (il 99% dei quali non può sicuramente assicurare al proprio figlio la presenza quotidiana di più figure professionali ed è costretto a ripiegare su scelte a cui ben volentieri rinuncerebbe se solo potesse), come sono le strutture che li ospitano, quali sono i veri bisogni dei nostri figli. Altro che fantastiche utopie.
E' un consiglio, il mio, che, a maggior ragione, estendo ad Angsa: penso, e temo, che ben diversi siano gli eventi interessanti di cui vorremmo sapere!
Ma capisco che le regole dello spettacolo vengono prima di ogni altra cosa, soprattutto quando garantiscono visibilità...
Annuncio che pubblicherò domani e dopodomani gli interventi di Arianna Porzi (presidente di Angsa Torino) e Liana Baroni (presidente di Angsa Nazionale). Annuncio anche una novità legata al libro. Grazie.
OLTRE QUALI LIMITI?
Ho partecipato all’incontro di ieri, 4 luglio, della rassegna “Oltre i
limiti” e colgo l’occasione di questo post per fare qualche considerazione
personale.
Innanzitutto esprimerei una certa perplessità perché, in base
all’anticipazione del depliant dedicato all’iniziativa, mi aspettavo una
presentazione maggiormente incentrata sul problema dell’autismo e
dell’esperienza personale di Nicoletti. Invece lo psicanalista Massimo
Recalcati, coprotagonista, ha avuto molto spazio per presentare il proprio
libro e dissertare sulle principali teorie psicoanalitiche relative al rapporto
genitori-figli, normodotati, e sulle difficoltà del loro distacco sempre più
difficile dalla famiglia.
Nicoletti è stato al gioco e ha dato alla presentazione una piega che
forse non era proprio quella prospettata, sforzandosi a tratti di parlare anche
di paternità in senso più ampio rispetto a quello che emergeva nei brani
presentati dal lettore relativi al suo rapporto con Tommy, il figlio autistico.
Devo dire di aver apprezzato il rapporto molto forte tra padre e figlio, creatosi da quando la
madre si è sentita inadeguata fisicamente a gestire il ragazzo. Nicoletti si
definisce custode e prigioniero al tempo stesso di quello che chiama la sua
appendice.
Non ho però condiviso la visione della realtà, a mio parere poco
concreta, di questo padre che, lungi dal preoccuparsi, come fanno molti,
dell’affievolirsi delle sue forze nella vecchiaia, prospetta un’epica immagine
di lui novello Anchise portato sulle spalle dal figlio, trasformato in un Enea
un po’ balzano.
Analogamente sono rimasta perplessa di fronte alla presentazione del
sogno di Nicoletti di costruire degli spazi appositi per questi ragazzi dove
essi abbiano la possibilità di esprimersi liberamente in sorte di isole felici
staccate dalla società, circondati dalla mediazione dei fratelli che
presenterebbero tutti, chi più chi meno delle analogie con i “neurodiversi” e
sarebbero in grado di svolgere questo ruolo di mediatori, a cui non mi pare si
prestino peraltro molto spontaneamente.
Lo stesso termine “neurodiverso” usato spesso come sinonimo di
autistico mi è parso un eufemismo, ma ciò che mi ha destato maggiori riserve è
stato questo ribaltamento di obiettivi: non più cercare di adeguare il ragazzo
alla società per consentirgli di muoversi al suo interno con una certa
autonomia, bensì predisporre una parte protetta di società alle sue esigenze di
ragazzo con bisogni particolari: non sbagliato in linea di principio, ma quasi
utopistico nella realizzazione.
Come molto distante dalla realtà mi è sembrata la situazione
illustrata dall’autore di suo figlio assistito da diverse figure professionali,
cosa che non sempre succede a molti genitori che si vedono costretti, loro
malgrado, a collocare il figlio autistico in centri residenziali, con tutta la
sofferenza che una tale scelta comporta.
Da lì la domanda conclusiva, priva di spunti polemici, su quali siano
i limiti oltre cui la presenza di un figlio autistico possa spingere una
famiglia. Sicuramente limiti molto diversi in base alla
situazione sociale, per non dire economica della famiglia stessa.
Adelaide Gallo
5 commenti:
Bella recensione. Aiuta me a capire, Manuela
Ti posso chiedere, Gianfranco, a noi cosa ce ne frega della vita privata di questo signore che imperversa da settimane? Ne parliamo ai nostri figli per farli star bene? Grazie Adelaide. Silvia
Non posso risponderti, cara Silvia. Qualche benpensante lo chiamerebbe conflitto di interessi ma ti confesso che non risponderti mi dispiace... Ciao
Anch'io ho avuto modo di ascoltare questo papà al salone del libro a Lingotto ed anche in quella occasione mi ha colpito il racconto della sua storia coniugale che non ho ben capito cosa c'entrasse con i problemi dei nostri figli, Mi sarei aspettata di avere indicazioni operative da chi, per lo stesso fatto, di scrivere un libro così pubblicizzato dai media, di autismo dovrebbe sapere. E invece...
Mariastella
Grazie per l'esposizione che mi ha permesso di partecipare all'evento. Ho conosciuto Nicoletti a Vicenza quando è intervenuto per il caso di Barbarano del ragazzo picchiato e seviziato a scuola. Mi ha fatto una buona impressione anche se ha questa visione utopica di un posto dedicato solo per l'autismo insettotipia. I genitori hanno bisogno di sperare e qualche volta sono un tantino irrealistici, ma meglio così che disperati!
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