lunedì 11 febbraio 2013

Scrive Nicola

Pubblico integralmente la testimonianza che mi è appena arrivata da Nicola,  una delle persone più care e straordinarie che ho avuto la fortuna di conoscere nella mia vita. Nicola (mi perdoni se rivelo che sei uno degli ultimi comunisti che ci sono rimasti?) è un trapiantato di fegato: quella che state per leggere è una lettera inedita che racconta di ciò che è stato, come dice lui, l'incontro - in quei terribili momenti - con la morte.
Sono lieto di concedergli questo spazio, coerentemente con la promessa che avevo fatto di rendere tutti, in prima persona, protagonisti un piccolo blog come "dallaloroparte". Ti sono molto grato, Nicola, del regalo che mi hai fatto.


Quando la signora

Solo quando don Primo uscì dalla mia camera, dopo avere unto il mio corpo con l’olio santo ed affidato con la preghiera la mia esile vita nelle mani del buon Dio, la Signora si decise a venir fuori dal suo angolo.
L’avevo già adocchiata, quando gli infermieri stavano mettendo a letto il mio povero corpo ormai provato. Alta, magra, spettrale. Avvolta nel suo nero mantello, emanava una luce sinistra da quell’angolo della stanza d’ospedale, dove se ne stava ritta, semi nascosta, con le mani strette al lungo manico della sua impressionante falce, ad aspettare il suo turno. S’avvicinò al mio letto, e con un gesto oscillante della mano sinistra semichiusa, con il palmo rivolto verso il basso e attraverso un cenno di capo, mi fece intendere ch’era giunto per me, il momento di seguirla.
Un lungo brivido freddo mi corse nelle ossa raggelandomi il sangue nelle vene.
Seppur spaventato dalle macabre intenzioni dell’avvolgente figura non mi lasciai intimorire, e con la calma del disperato che non vuole soccombere e quel fil di voce tremolante che ancora mi restava in gola, gli feci intendere che non potevo ancora seguirla nel mio ultimo viaggio.
Gli spiegai che avevo lasciato troppe cose incompiute quaggiù, in vita, e non potevo lasciarle a metà. Dovevo ancora dare un tetto sicuro alla mia famigliola, e non potevo lasciarla senza dargli una sistemazione e un po’ di sicurezza per il loro futuro.
Gli parlai anche delle tante cose che mi venivano in mente e che su questa terra non vanno: la sofferenza, l’ingiustizia sociale, la fame, la miseria, le guerre, e di tante altre brutte cose che hanno un’unica origine: LO SFRUTTAMENTO INDISCRIMINATO DELL’UOMO POTENTE SULL’UOMO E SULLA NATURA.
La Signora continuava ad ascoltarmi incredula, fissandomi dritto negli occhi e incuriosita dalle parole che stavo affastellando confusamente, annuì, si sedette ai piedi del mio letto ad ascoltarmi, restando silenziosa. Come se il mio essere che non voleva morire stesse scorrendo in un lungo sogno, incominciai ad esprimergli tutto ciò che avevo dentro; il mio disappunto e rammarico nel dover morire proprio adesso che finalmente avevo trovato un posto di lavoro sicuro e la mia vita sembrava avesse ripreso a scorrere nel verso giusto.
Per più di quindici anni avevo tribolato, subendo non solo offese e derisioni…
Dopo la cassa integrazione ed il licenziamento della Fiat, molti erano riusciti a trovare un altro impiego, io invece, senza santi in paradiso a proteggermi, non riuscivo a trovare nemmeno uno straccio di lavoro. Con il numero alto che avevo sul tesserino di disoccupazione, nemmeno alle chiamate pubbliche del collocamento riuscivo a trovare un benché misero impiego. Non sapevo più dove andare sbattere la testa durante quelle giornate che passavano velocemente, trovandomi alla sera sempre più stanco e demoralizzato. Ero costretto a stringere i denti ed andare avanti reprimendo tantissime volte la rabbia che accumulavo dentro ed a scacciare i cattivi pensieri che durante quelle maledette giornate trascorse inutilmente, martellavano la mia mente. Tante volte, stanco nel vagare, entravo in chiesa; pur essendo scettico, nella disperazione, mi attaccavo anche al Padreterno, affinché trovassi lavoro, ma entravo in chiesa soprattutto per trovare in po’ di quella pace interiore che ormai avevo smarrito da un sacco di tempo. Morire proprio ora che stavo risollevando economicamente la mia famiglia ed iniziando a rilassarmi e tornare a sorridere, lo trovavo molto penalizzante da parte della sfortuna che sembrava accanirsi contro di me.
Morire così, senza aver fatto qualcosa di buono e di utile per gli altri, durante la mia esistenza, voleva dire di essere transitato inutilmente su questa martoriata Terra. Il saper di aver lasciato almeno una “piccola traccia positiva” della mia umile esistenza, penso che sia già soddisfacente, per chi, come noi del popolino, è costretto ad un vita fatta di tanti sacrifici e solo di qualche piccola soddisfazione. Perciò, non potevo e non dovevo morire proprio ora!
Seppur esausto, ero ben disposto a non mollare, a parlare anche di tante altre cose, pur di temporeggiare, pur di convincere la Signora a non avvolgermi nel suo tetro manto nero e portarmi via. D’improvviso, senza profferir parola, mentre andavo a ruota libera con le mie chiacchiere, la Signora si alzò, togliendomi la parola e il respiro. Con il suo manto semi aperto, come due ali nere, restò ferma, ritta nella sua gigantesca figura ad osservarmi dubbiosa e, dopo un’ ultimo, lungo sguardo, frammisto di pietà e commiserazione, girò le sue larghe ed ossute spalle e oltrepassando l’uscio della stanza, si incamminò con il suo incedere malinconico e ciondolante, nel lungo corridoio dell’ospedale senza più voltarsi. Con il fiato sospeso la seguii con lo sguardo finché non girò l’angolo, sparendo dalla mia vista. Solo allora, finalmente, tirai un sospiro di sollievo. Lentamente i miei occhi iniziarono a chiudersi e ad assaporare il dolce riposo che solo la santa pace ed una lunga dormita ti sanno dare.
Mi auguro che quando la morte tornerà a prendermi per davvero, troverà di me soltanto un mucchietto di ossa striminzite, perché nel frattempo, voglio consumare tutto me stesso nel vivere intensamente il resto dei miei giorni. E se mai mi sarà concesso, vorrei porre un fiore sulla tomba di quella grande persona, che il 22 luglio 2004, donandomi l’organo, mi ha dato la possibilità di continuare a vivere.
Per intanto, arrivederci Signora... 



7 commenti:

Unknown ha detto...

Grande Nicola!! Vorrei far leggere la tua lettera a quelli che si croggiolano nella depressione che fa molto chic ma che maschera solo i codardi!
A volte anch'io mi lascio prendere un pò dallo sconforto ma subito penso a Laura (mia figlia autistica) che contro la leucemia ha lottato eccome e a come all'epoca ero disperata ma mai depressa e riprendo a lottare, perchè la vita è cmq pesante anche se, e sopratutto perchè lei non c'è più!!

Unknown ha detto...

Sicuramente conosco Nicola da meno tempo rispetto a Gianfranco ma concordo nel definire lui e la moglie due persone meravigliose, pronti a dare una mano a chiunque ne avesse bisogno nonostante tutto.
Nicola ha avuto una grande forza a lottare contro la " Signora avvolta nel mantello nero " ma credo che tale forza è stata alimentata dall'amore ricevuto dai suoi cari e per i quali lui ha lottato e vinto.

Anonimo ha detto...

Certo, afferma tranquillamente, che sono un comunista.
Ma non son uno dei pochi rimasti, credo il contrario, che siamo un bel esercito.Quale persona non aspira ad una società giusta, equa, dove ognuno a modo suo, possa esprimersi in base alle proprie capacità e possibilità? Vedi gia questa aspirazione, ti fa intendere, che c'è un po' di comunista in ognuno di noi. Quello che ci manca sono un partito ed un sindacato attivi, che ci riorganizzino nel sociale e sui luoghi di lavoro. Credo che il comunismo, oggi, sia come il fuoco che cova sotto la cenere, aspetta la ventata giusta, e poi vedrai che bella fiammata. Ciao Nicola

Anonimo ha detto...

Marisa, grazie per le belle parole. Credo che la maggior parte del merito vada a Piera. Lei si che è veramente combattiva, non si ferma mai davanti ad un ostacolo, trova sempre il modo per aggirarlo e di trascinarci tutti dietro, con la sua bellissima carica umana. Un abbraccio, Ciao Nicola.

Anonimo ha detto...

Penso che sia difficile che ci siano persone che si crogiolano nella depressione.Sinceramente io ho avutouna depresione 30 fà,ma mi creda stavo male,era come se avessi una malattia,si capisco non era un tumore o altre malattie grave.Ma il mio stato d'animo mi trasmetteva il mio male come una cosa non curabile,quando mi venivano questi attacchi di panico ero disperata,mi portava pianto,tremori in tutto il corpo era come se avessi la febbre a 40 si seccava la gola e mi passava la voglia di mangiare.In quel periodoavevo perso persino 10 kili è una malattia che non viene riconosciuta,dallo stato altrimenti sarebbe come riconoscere che almeno metà della nazione è ammalata.Senza dubbio siamo noi che c'è la creamo, Ma qual'è il motivo che una persona soffra? Credo che basta tutto per essere felici?No non è così.La depressione è una brutta bestia per chi c'è la, alle volte la curiamo con dei farmaci e altre voltecerchiamo di reaggire,allora vediamo che si può uscire dal tunnel e lì ti senti forte e ti dai coraggio e cominci a reaggire ti senti guarità e pensi che quello che ai passato è stato solo un sogno.

Gianvi ha detto...

Ciao. Ho letto la tua testimonianza e la condivido in larga parte. Voglio dirti che Tiziana, alla quale probabilmente ti rivolgi, è una magnifica persona che io ho anche la fortuna di conoscere: quando ha usato il termine "crogiolano" non voleva sicuramente sottovalutare un fenomeno serio come la depressione. Intendeva dire che nei momenti di depressione e (di sconforto, di disperazione,di paura) bisogna provare con tute le forze a reagire (a non lasciarsi andare). Lei ha perso una figlia per leucemia e avrebbe avuto tutto il diritto di deprimersi. Non l'ha fatto anche se so, per certo, che soffre molto ancora oggi... La sua storia, quella di Nicola, la tua meritano tutte rispetto e tutte sono di lezione per me. Ti ringrazio del commento e spero di risentirti: Gianfranco

Unknown ha detto...

Grazie Gianfranco per aver risposto e per le belle parola che mi riguardano. Non intendevo offendere chi ha provato sulla sua pelle la depressione ma a chi alla prima difficoltà si arrende!

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