venerdì 15 febbraio 2013

AUTISMO: i tanti Gabriele


Caro Gianfranco, mi piacerebbe che tu aprissi una discussione su cosa sono oggi i tanti Gabriele che, nostro malgrado, ci vediamo costretti a parcheggiare (si può dire ?) nelle varie strutture di accoglienza (inadeguate) in cui sono costretti ad una convivenza non facile fra di loro, in quanto diversi nelle loro problematiche. Secondo me, la maggior parte di queste comunità sono state create più per rispondere ad una esigenza logistica che per rispondere alle varie esigenze e problematiche che i vari handicap creano a queste persone ed alla società nel suo insieme. Mi chiedo quando non ci saranno più i genitori a seguirli, cosa ne sarà di loro?

Mantengo la promessa, fatta all'autrice autore di questa nota, di una risposta ai temi che propone. Non ho nessuna difficoltà ad avviare una discussione, pur non essendo questo un blog monotematico, e anzi mi piacerebbe se essa fosse la più larga e condivisa. Per esserlo – tuttavia - non basta sicuramente la mia modesta persona, intanto perché al massimo io posso portare quello che è solo il mio contributo e poi perché sarebbe sicuramente più interessante e proficuo se le associazioni presenti sul territorio volessero esprimere il proprio punto di vista. Vale per ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) e non solo, dal momento che per fortuna c’è un certo pluralismo che si va affermando e io non intendo affatto blindare la discussione e/o restringerla ad alcuni a danno di altri.
Vorranno dirci come la pensano? Vorranno illustrare i loro programmi in materia di residenzialità? Vorranno indicare a chi, e quando, intendono rivolgersi per sostenere le ragioni degli autistici e dei loro familiari? Vorranno spiegarci come mai si va estendendo una certa disaffezione tra gli iscritti?Vedremo… Se non sarà così i genitori trarranno le conclusioni conseguenti perché, se è vero che siamo sfigati, è altrettanto vero che non siamo stupidi.
Poche cose cose, per finire: la discussione (se ci sarà) vorrei che non fosse ristretta ai soli addetti ai lavori; in altre parole tutti (e non solo chi è coinvolto in questi difficili problemi) hanno – se vogliono – la possibilità di esprimersi (prego ognuno dei lettori del blog di farsi parte attiva presso i loro conoscenti ed amici). Seconda cosa: per favore firmate alla fine i vostri commenti perché faccio fatica a rivolgermi a fantasmi. Terzo: se scrivete una nota più lunga, non potendo rientrare nella categoria “commento”, va trasformata in un post vero e proprio (in altre parole, in questo caso, inviatemi il pezzo via email e lo pubblicherò integralmente). Grazie.

Ed ecco un primo piccolo contributo (naturalmente molto ci sarebbe da aggiungere, in particolare per quanto riguarda il concetto di abilitazione, a mio parere oggi assai "incerto").


Cosa sono, oggi, i tanti Gabriele…

Gabriele è una delle oltre 400.000 persone che in Italia sono diagnosticate autistiche. La sua storia (e la mia) sono comuni a quelle di tanti autistici e familiari che hanno vissuto, o vivono, la stessa drammatica esperienza.
Parliamo, è bene ricordarlo, di un disturbo caratterizzato da un insufficiente sviluppo della funzione cerebrale, che investe ogni area funzionale della persona e dura tutta la vita. Un disturbo omnicomprensivo, pervasivo, totalmente invalidante, caratterizzato da aspetti talmente specifici (un’interazione sociale alterata, problemi nella comunicazione verbale e non verbale e di immaginazione, attività ed interessi insoliti ed estremamente ripetitivi) da rendere impossibile un approccio affidato a facili ricette del tipo: “fare cose brevi in tempi brevi”.
Al contrario è necessario mettere in campo una serie di interventi, intensivi e precoci, destinati a essere parte integrante di un approccio globale di tipo cognitivo comportamentale, il solo idoneo a restituire significative conquiste di autonomia a persone i cui bisogni primari sono fortemente compromessi.

Se questo non avviene (e troppe volte non avviene…), se non si costruisce con continuità un coerente progetto che abbracci l’intero arco di vita della persona autistica, diventa inevitabile che “all’improvviso” (espressione quanto mai discutibile e anzi sbagliata), quasi sempre in situazioni di emergenza cui non si dovrebbe mai arrivare, le condizioni possono diventare talmente gravose da costringere tanti familiari, già provati da mille fatiche, travolti come sono da eventi terribili, a rivolgersi alle istituzioni pubbliche, nella speranza di ricevere un sollievo e un aiuto per se stessi e soprattutto i loro cari.
In queste situazioni limite, quando va bene, l’unica proposta che si sentono fare, una sorta di prendere o lasciare, è quella che fa riferimento a una generica indistinta istituzionalizzazione, la soluzione – per capirci - che si adotta in genere con gli anziani non autosufficienti.
Poco importa se, per effetto di queste scelte, la qualità della vita degli autistici peggiora in modo significativo, se vengono perdute le abilità acquisite a scuola e nella vita in famiglia. L’importante, per le istituzioni, è avere individuato quella che per loro è la “soluzione”, la risposta all'appello disperato dei genitori.
Si avviano, così, risposte frettolose, proprio dettate proprio dall'emergenza, in cui prevalgono l’improvvisazione gestionale e terapeutica, il rimpallo di responsabilità, la presa in carico formale, la delega, la tendenza degli enti pubblici erogatori (ahimè quasi mai contrastata efficacemente dalle associazioni dei genitori), a non vincolare - attraverso un puntuale indispensabile monitoraggio - i loro partner, al rigido rispetto degli standard sottoscritti nei protocolli d’intesa (pur se quasi mai coerenti con i bisogni specifici di un soggetto autistico).

Ad aggravare il quadro c’è inoltre la consapevolezza che in una componente tutt'altro che irrilevante della psichiatria ufficiale permangono antiche tare ideologiche, fondate sul presupposto che l’autismo non sia altro che una malattia mentale, e come tale va contrastato “soprattutto”, anziché con un corretto approccio abilitativo, grazie un pesante approccio medico-farmacologico fondato sulla cosiddetta gravosità della sindrome.

Insomma è giusto dire che se l’autismo spiazza chiunque questo è tanto più vero nel passaggio alla maggiore età, quando è come se le persone autistiche «scomparissero». Perdono l’etichetta che li aveva contraddistinti fino a quel momento e passano sotto la categoria generica di "handicap mentale grave", con ciò che ne consegue.
L’educazione permanente, di cui tanto si disserta; un lavoro… sono miraggi inaccessibili. Realizzare centri di formazione professionale adeguati, strutture diurne e residenziali all'altezza dei bisogni, case protette dove le persone con autismo possano vivere, come qualunque essere umano, una vita adulta dignitosa, tutto questo evidentemente costa troppo o non è ritenuto abbastanza importante…
Alla luce di questa situazione io penso che il primo obiettivo che dobbiamo darci sia allora quello di garantire, a chi soffre di questa grave patologia, il diritto a una migliore qualità della vita. Il “diritto”, ripeto, perché i bambini, gli adolescenti, gli adulti con autismo, potranno avere un futuro solo a condizione che i loro diritti siano – per davvero – riconosciuti, rispettati e soprattutto applicati.

Considero un imbroglio, mi sia consentito, soffermarsi sulla questione legata al cosiddetto “dopo di noi”. Lo è perché dobbiamo capire, una volta per tutte, che il futuro dei nostri figli è adesso, che le prospettive sono solo e unicamente nelle nostre mani, che non dobbiamo delegare niente a nessuno, che dobbiamo rifiutare ogni ipotesi di sterile mediazione al ribasso con cui si fa solo finta di cambiare qualcosa senza in realtà cambiare nulla.
Rivendicare, con coraggio e senza ipocrisia, il diritto dei nostri figli a godere di quanto nonostante tutto la vita è ancora in grado di donare, è insomma una battaglia che va combattuta ora, “durante noi”, e non dopo di noi.

Senza opportunismi, senza tatticismi, senza favoritismi! Ma solo con l’orgoglio di chi sa di essere dalla parte giusta.

16 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono Silvia da Roma, mi ha parlato Sandro T. del tuo blog che non conoscevo. Ho un figlio autistico di 19 anni. Condivido ogni parola del tuo post: io e mio marito ci sentiamo abbandonati perché nulla di quanto servirebbe a Giulio, nostro figlio, viene fatto. Al massimo possiamo contare sull'appoggio di qualche centro assistenziale in cui ci sono persone affette da ogni tipo di disabilità. Ho chiesto aiuto alla mia associazione ma mi hanno fatto solo promesse. Sono sicura che non ti risponderanno perché non hanno neanche il coraggio di denunciare l'assenteismo delle istituzioni. Grazie per il tuo impegno, auguri a Gabriele

Gianvi ha detto...

Grazie del contributo Silvia e degli auguri a Gabriele che naturalmente ricambio di cuore. Non so, e non voglio sapere, quale sia la tua associazione. Sono però convinto che le "buone" persone come te siano le uniche interlocutrici credibili e rappresentino la netta maggioranza anche all'interno delle "cattive" associazioni. Disperdere questo patrimonio è un autentico delitto!
Spero di risentirti

Anonimo ha detto...

Sono una mamma, scrivo dopo aver letto di Silvia. E' sempre stato difficile seguire mia figlia che è autistica, lo è diventato molto di più da quando Ivana ha compiuto 18 anni. Peggiora giorno dopo giorno perché a mio parere non si fa niente di quanto le servirebbe: possibile che non esista un modo di coinvolgerla e farla migliorare? A soli 21 anni mia figlia non ha nessuna prospettiva e io sono disperata. Cinque anni fa mi sono anche licenziata dalla fabbrica dove lavoravo come operaia. Che vita è questa? Nicole

Anonimo ha detto...

Caro Gianfranco, solo oggi riesco, insieme a Tiziana Volpi, a partecipare a questo dibattito su temi che ci coinvolgono tutti fortemente. Quello che abbiamo letto, del tuo post, lo condividiamo, sia nei contenuti che nelle emozioni, perchè come te siamo genitori di autistici e sappiamo cosa significa lottare contro le difficoltà e gli ostacoli posti da istituzioni che invece di facilitarci la vita con i nostri figli, la complicano ulteriormente. Questo è stato uno dei motivi per cui sono entrata a far parte dell'Angsa, perchè volevo capire come "funziona", volevo essere protagonista e non subire passivamente, ma dovevo imparare come fare. Nel bene e nel male in questi anni ho imparato molte cose, soprattutto ho cercato di fare tesoro di chi prima di me aveva tentato di sfondare il muro sull'autismo, ricevendone colpi, e ben pochi vantaggi personali. Non ho voluto ripercorrere la stessa strada, ma partire da dove erano arrivati loro, per poi andare avanti. Oggi cosa sta facendo l'Angsa rispetto alle problematiche della residenzialità? Iniziamo con la collaborazione con M. Grazia Breda nella Petizione Popolare per i Lea (Livelli Essenziali di Assistenza)che a seguito della crisi sono stati fortemente minati. Per seguire tutto ciò è stata designata una persona che se ne occupa, abbiamo partecipato a Proteste di piazza (come tu ben sai)che con mia sorpresa non contavano un elevato numero di genitori di adulti con autismo. Tenendo conto che la posizione dell'autismo rispetto a tali diritti non è così ben definita, perchè non si riesce ancora a definire cosa sia "essenziale" per le persone con autismo. Si tratta quindi di andare a monte e di smuovere il recente immobilismo di una regione che ha bloccato il tavolo minori e ha impedito a quello degli adulti di aprirsi, malgrado le ripetute sollecitazioni nostre e del dott. Arduino. In questo quadro si aggiungono le disattese Linee Guida dell'ISS, le quali se non verranno approvate (non solo come linee d'indirizzo)non potremo rivendicare diritti riconosciuti istituzionalmente. Questo non vuol dire accettare passivamente la situazione, in quanto i nostri figli sono oggi nella necessità e non possono aspettare i tempi biblici. L'associazione può portare avanti tutte quelle battaglie a lungo termine, a favore di tutti, ma alle problematiche dei singoli casi possiamo dare un supporto di informazioni, indicazioni e sostegno alla famiglia che deve lottare in prima linea. E' per questo che sono nati i Genitori Tutor (con una specifica formazione), che accolgono e seguono le famiglie nei loro percorsi anche interloquendo con le varie figure istituzionali (NPI, Servizi Sociali, Scuola, etc.)e se ci fossero sufficienti volontari nulla vieta di estendere questo servizio anche alla residenzialità. Quello che è importante ricordare però è che non abbiamo alcun potere riconosciuto, infatti la nostra presenza sia come associazione che come tutor è sempre subordinata ad un invito che a fatica ci dobbiamo conquistare (molta diplomazia e pazienza). Non ho soluzioni facili, nè ad effetto, solo tanto duro lavoro!Quello che mi piacerebbe è poterne parlare insieme e valutare le strade possibili da percorrere. Il confronto è necessario per la crescita e non ci tiriamo indietro. E' sempre un piacere leggere i tuoi scritti! A presto. Arianna (presidente Angsa Piemonte sez. di Torino) e Tiziana (segretaria)

Anonimo ha detto...

Ho accompagnato mia figlia in un CST come faccio da anni, ma è questo che le serve? Di essere solo "assistita"? E pensare che qualcuno mi dice addirittura che siamo fortunate perché lei almeno un posto ce l'ha! Robe da matti

Gianvi ha detto...

Ringrazio molto Arianna e Tiziana per il prezioso contributo. Risponderò in modo più articolato a loro come a quei genitori che mi rilanciano la loro disperazione. Forse non è stato inutile provare ad avviare una discussione, anche se - confesso - certe testimonianze di genitori mi lasciano senza fiato ed io, che pure so di cosa stiamo parlando, mi sorprendo sempre più fragile. Gianfranco

Unknown ha detto...

Non è facile farsi carico del dolore che le nostre famiglie provano e non rimanerne sconvolti. Sono anni che ascolto le storie dei genitori e tutte le volte rimango basita dal fatto che la storia è inesorabilmente SEMPRE uguale!

Anonimo ha detto...

E ti sei chiesta come mai? Ti è venuto il dubbio che chi dovrebbe rappresentare le nostre ragioni e tutelare i nostri diritti abbia fatto poco o niente in questi anni? O pensi che i genitori si divertano a dire che i loro figli sono abbandonati? Pensi che la colpa sia loro, dopo tutto quello che continuiamo a fare? Hai letto di quella mamma che si è pure licenziata? Pensi che sia la sola? Fatti venire qualche idea anche tu invece di fingerti sorpresa. Rosanna

Anonimo ha detto...

Ma come fa un'associazione che si occupa di autismo, e quindi sa o dovrebbe sapere quanto tutto intorno è complicato, a limitarsi a fornire solo informazioni a famiglie che poi se la devono sbrigare da sole? Ci rendiamo conto dei rischi che corrono in questo modo i nostri figli? Pino, dalla provincia di Cosenza. Grazie

Anonimo ha detto...

Già: come mai da anni siamo fermi? Vuoi vedere che la colpa è dei genitori che denunciano la condizione dei loro figli? Che il problema sono loro?
A quando una sana autocritica? Ciao, Luciano (papà di un autistico di 36 anni)

Anonimo ha detto...

Non solo in Italia c'è un vergognosa carenza di strutture, poco efficacemente denunciata dalle associazioni e da Angsa in particolare, ma rimane irrisolto il nodo di quale modello abilitativo realizzare. Questo va sottolineato con molta forza, l'Angsa l'ha mai fatto? E con quali risultati? Dillo Gianfranco quando risponderai alla presidente. Ciao a tutti: Marina

Anonimo ha detto...

Marina ha ragione. L'ambiguità non serve a niente, peggiora solo la vita dei nostri figli e la nostra. Pino

Anonimo ha detto...

Mi piacerebbe moltissimo ascoltare tutte le proposte in merito alle azioni possibili per realizzare quello che chiedete e che a quanto pare l'associazione Angsa non ha fatto e soprattutto mi farebbe piacere che qualcuno di voi spendesse anche solo un pò del pochissimo tempo a disposizione di noi familiari per aiutarci a realizzare queste proposte. Contattatemi, sono anche io una mamma arrabbiata e spesso frustrata, quindi se ci sono soluzioni o strade ancora non percorse mostratemele per favore, non ho pregiiudizi! Arianna

Anonimo ha detto...

Speriamo presidente che tu non faccia solo parole come quel gruppo di persone che ti ha preceduta. Cambia completamente linea, per favore

Gianvi ha detto...

Ti ringrazio del commento ma rinnovo anche a te l'invito a lasciare,alla fine,un nome. Ciao

Anonimo ha detto...

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