venerdì 22 marzo 2013

Ciao Pietro

Se n'è andato troppo presto Pietro Mennea, e con lui è andato via un pezzo importante della mia vita. Non mi vergogno di dire che sono cresciuto a... "pane e Mennea", poiché l'atletica leggera è stato uno degli amori più grandi che ho vissuto e Pietro è colui che, insieme ad altri miti come Sara Simeoni e Alberto Cova, mi ha regalato emozioni che resteranno per sempre impresse nella mente.

Ricordo ancora adesso un giorno in cui Pietro, ormai uomo maturo e avvocato, europarlamentare per meriti accademici e non sportivi, incontrò Tommie Smith
Pietro aveva tolto dopo 11 anni, nel 1979, il fantastico record dei 200 metri allo statuario nero del pugno chiuso di Città del Messico e proprio sulla stessa pista aveva fermato il cronometro sui 19 secondi e 72 centesimi. 
Auspice dell'incontro fu Gianni Minà, che aveva raccontato per la Rai i due record, le due ribellioni (al razzismo Smith, ad un fisico non da grande atleta Pietro): si scambiarono battute e ad un certo punto  Mennea mostrò un foglio col suo programma d'allenamento al grande Tommie, professore in California dopo essere stato all'indice per quel pugno chiuso di Mexico City. 
"Bene, Pietro: bel programma. Anche io sostengo gli stessi carichi di lavoro nella mia settimana tipo", disse Smith a Mennea. "Beh, veramente, Tommie - rispose il barlettano - quei lavori io li facevo ogni giorno..."
Solo con quel lavoro massacrante poteva svolgere un ragazzino gracile del Sud d'Italia, scoperto perché batteva in gare improvvisate le automobili o i motorini sui 30 metri, fino a diventare l'uomo più veloce del mondo. Il bianco ancora più veloce di tutti: detenere un record sui 200 metri per 17 anni, dal 12 settembre 1979 al 1996 (Michael Johnson glielo sottrasse) è stato un record nel record. 
E da record è stata la vita dopo l'oro olimpico di Mosca, dopo tutte le volte che ha vinto e corso davanti ai grandi neri di Giamaica e America, davanti a Borzov, longevo come pochissimi ai tempi in cui si poteva ancora correre a pane, acqua ed esercizi massacranti.
 Ansimava tutte le volte per un tempo pazzesco e fuori da quel tempo ricordava con orgoglio come tutto questo fosse stato possibile per un uomo normodotato, pulito, italiano e del depresso Sud d'Italia. 

Ciao Pietro, cioè Grande Italiano. Esempio dentro e fuori dallo sport. Soprattutto fuori: si può vivere una favola sudata e dura come la tua ed essere miracolosamente normali.

1 commento:

Unknown ha detto...

Mio papà, italiano all'estero, lo portava sempre ad esempio qundo facevano vedere altleti muscolosi e dopati!!
Grande Pietro!

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