Mi rammarico che il mio appello (leggi: "Lettera alla Presidente di Angsa Torino"), rivolto a tutte le associazioni che a vario titolo si occupano di autismo, sia sostanzialmente fallito (chiamo, per antica abitudine, le cose con il loro nome). Fatte salve benevoli eccezioni, si è scelto - infatti - di non entrare nel merito delle proposte formulate nel post suddetto, rimandando così a "tempi migliori" (è noto che i nostri figli, quanto a tempo disposizione ne hanno da vendere...) l'avvio di una riflessione diretta a superare le criticità che investono, in particolare, le condizioni di vita degli autistici adulti.
A poco o nulla mi è servito contattare quattro presidenze provinciali di Angsa (appartenenti a regioni diverse), più due associazioni che operano sul territorio torinese e una terza, da poco costituita in provincia... Altrettanto "poco o nulla" è servito chiedere l'intervento di altri soggetti, istituzionali e non...
Il risultato è stato che, a parte un certo numero di familiari e operatori intervenuti nella discussione attraverso i loro commenti, tutti gli altri si sono "elegantemente" sfilati.
Mi piacerebbe che quegli stessi familiari, insegnanti, volontari che hanno scelto di non voltarsi ipocritamente dall'altra parte davanti all'emergenza segnalata, giudicassero - meglio di quanto potrei fare io - i comportamenti che sto per descrivere. Esiste, al riguardo, una vasta casistica.
Una presidente provinciale di Angsa, per esempio, se l'è cavata dicendo "Conosco bene il tuo pensiero, ma continuerò a fare quello che ho sempre fatto?" (è questa, a mio modo di vedere, una grave mancanza di rispetto nei confronti di una platea potenzialmente ampia, alla quale sarebbe stato giusto rappresentare le ragioni del dissenso dalle mie tesi, accompagnandole con la presentazione - ma c'erano? - di proposte alternative). Altri/e mi hanno detto che preferivano tenersi fuori dalla discussione con la motivazione che erano in conflitto con associazioni affini alla loro (senza rendersi conto che in questo modo cadevano nella stessa spirale di isolamento e settarismo che avevano appena contestato). Altri/e presidenti non mi hanno degnato di una risposta (più importante, evidentemente, è stato presenziare al millesimo convegno nella speranza, perché no?, di un trafiletto a margine, da esporre nell'album di famiglia o nella bacheca dell'associazione...).
Altri/e mi hanno informato che non riuscivano a inviare i commenti che avrebbero scritto (dimenticando che sull'argomento ho pubblicato un post ad hoc e spiegato, anche in cinese, che sarebbe stato comunque possibile farmi avere il loro punto di vista tramite mail). Altri si sono presto allontanati (in pratica tutti quelli che contestano la mancanza di spazi di confronto. Quando hanno capito che, nel suo piccolo, questo blog gli spazi desiderati li aveva messi a disposizione sul serio, si sono immediatamente dileguati... Pronti, ci mancherebbe altro, a lamentarsi alla prossima occasione).
Ci sono stati genitori che mi hanno confessato la paura di essere ricattati (e a nulla è valso il mio tentativo di rassicurali). Qualcuno mi ha promesso che sarebbe intervenuto nelle prossime ore o nei prossimi giorni (non è avvenuto nulla di tutto questo: evidentemente perché trattasi di persone troppo impegnate); qualcun altro mi ha detto di preferire i cosiddetti commenti "vis a vis" (scordandosi di non avere mai aperto bocca in occasione di convegni, assemblee, eventi pubblici). Eccetera eccetera.
Ho sempre contestato all'associazione alla quale sono iscritto l'eccessiva autoreferenzialità (in effetti, a rileggere i miei interventi si coglie sempre l'invito ad aprirsi al territorio, cogliendone di persona le criticità e anche le contraddizioni). Ebbene, sarebbe paradossale che tale critica si riversasse ora su di me.
Mi spiego meglio: sono convinto che un libero confronto in tanto si stabilisce in quanto vi è una pluralità di soggetti pronti a contribuire alla soluzione di determinati problemi fino a individuare una sintesi efficace. E' così o no?
Nello specifico mi chiedo: dovrei confrontarmi con me stesso, dal momento che le associazioni sfuggono al dibattito? Non finirei così per essere, a mia volta, autoreferenziale?
No, cari signori. Non ne sarei capace..
A volte penso che, come genitori, soffriamo di problemi molto più grandi di quelli che affliggono i nostri figli. Prigionieri di una grave soggezione culturale deleghiamo tutto a tutti, senza accorgerci del fallimento che è sotto i nostri occhi. Chi più di noi, che viviamo ogni giorno sulla nostra pelle drammi così complessi, conosce davvero la realtà e può proporre ai tecnici soluzioni che restituiscano dignità e diritti ai nostri figli?
E imporle alle istituzioni, senza sotterfugi e ambiguità?
Si continua invece, pervicacemente, ad andare nella direzione sbagliata, perpetuando strategie e alleanze che, nella migliore delle ipotesi, rappresentano un "deja vu" destinato a lasciare senza risposta una lunga serie di domande.
Mi sbaglierò, ma quello che vedo è la voglia di limitarsi a coltivare solo il proprio orticello, facendo finta che intorno non vi sia un campo enorme da arare con pazienza, umiltà e soprattutto fermezza, per arrivare davvero preparati alla mietitura e alla raccolta.
Pur in presenza di questo quadro disarmante non abdico però all'impegno che mi sono assunto. E' una promessa che ho fatto a Gabriele e a quelli come lui!
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