E' uno dei contributi più alti, maturi e nobili che ho letto negli ultimi anni. Una lezione che tutti dovremmo meditare e sentire nostra!
Non sapevo che Liana fosse una ex sessantottina... Lo sono stato anch'io (lo sono ancora: nelle idee e nell'anima!). Grazie Presidente.
Essere madri di una persona con autismo
«Non mi sono mai sentita “vittima” di mio
figlio con autismo – scrive Liana Baroni -, ma ho sempre posto un limite al mio
sacrificio, per mantenere il mio equilibrio, per essere moglie, mamma e donna
inserita nel mondo del lavoro. Né ho mai voluto essere una sua “estensione”,
cercando invece di essere la mamma che prepara il figlio e lo educa affinché
possa essere inserito nella vita sociale»
E
una donna che stringeva un bambino al seno disse: / Parlaci dei Figli / Ed egli
rispose: / Sono lo strumento perfetto del divino: l’espressione vivente forgiato
dal suo unico “pensiero” / E i figli sono le risposte che la vita dona ad ognuno
di noi. / Sono loro l’essenza del vostro sorriso. / Sono sangue e carne della
vostra carne./
ma non il vostro sangue e la vostra carne. / Loro sono i figli e le figlie della
fame che la vita ha di se stessa. / Attraverso di voi giungono, ma non da voi. /
E benché vivano con voi, non vi appartengono. / Affidategli tutto il vostro
amore ma non i vostri pensieri: / Essi hanno i loro pensieri. / Potete offrire
rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime: / Esse abitano la casa del domani,
che non vi sarà concesso visitare neppure in sogno. / Potete tentare di essere
simili a loro, ma non farli simili a voi: / La vita è una strada che sempre
procede in avanti e mai si ferma sul passato. / Voi siete gli archi da cui i
figli, come frecce vive, sono stati scoccati in avanti. / È l’Arciere che guarda
il bersaglio sul sentiero dell’infinito e vi tende con forza affinché le sue
frecce vadano rapide e lontane. / Affidatevi con gioia alla mano dell’Arciere; /
Poiché come ama egli il volo della freccia, così ama la fermezza
dell’arco.
(Kahlil Gibran)
Che peccato non avere l’estro
di uno scrittore per poter scrivere tutto quanto passa per la mente, con
considerazioni, riflessioni, ribellioni ecc., sul fatto di essere madre
di un figlio con autismo.
Ho vissuto in prima persona, e
condiviso con tantissime mamme, le ansie e i dubbi su “cosa fare per questo
bambino mal equipaggiato”, e insieme ci siamo date le stesse risposte (“non è
una colpa, ma una casualità”).
Perché l’autismo di mio figlio
mi ha trasformato pian piano in una “leonessa”, pur nella mitezza del mio
carattere, che lotta per lui, e per le persone con autismo piccole e
adulte.
Perché non mi sono mai sentita
“sua vittima”, ma ho sempre posto un
limite al mio sacrificio, per mantenere il mio equilibrio, per essere
moglie, mamma e donna inserita nel mondo del lavoro. Non ho mai voluto essere
una sua “estensione”, ma ho sempre cercato di essere la mamma che prepara il
figlio e lo educa affinché possa essere inserito nella vita
sociale.
Nel brano riportato
all’inizio, Kahlil
Gibran scrive che i figli non ci appartengono ma «sono del mondo» («Voi
siete gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono stati scoccati in avanti.
/ È l’Arciere che guarda il bersaglio sul sentiero dell’infinito e vi tende con
forza affinché le sue frecce vadano rapide e lontane»).
In Italia i figli sono pezzi
’e core e si tengono spesso a lungo in famiglia. In questi tempi di
difficoltà economiche avere l’indipendenza dei propri figli è diventata quasi
una chimera. Se questo poi è difficile per i giovani adulti, immaginiamo le
difficoltà per prospettare una vita fuori casa di un ragazzo
con disabilità.
Il mio pensiero è che sia
diritto di ogni figlio/a, quando diventa adulto, ad avere
una vita indipendente dalla famiglia, anche di un ragazzo con autismo,
così come succede ai coetanei.
Per quanto poi mi riguarda, se
non sono tanto elegante nella mia persona e frequento poco il parrucchiere, non
è dovuto a mancanza di cura, ma piuttosto alla mia “esperienza sessantottina”,
che non mi ha mai fatto amare un look formalmente perfetto, prediligendo una
libertà da schemi imposti di una femminilità stereotipata.
Non ho mai considerato mio
figlio come una “sventura”, è nato in una famiglia in cui è stato amato e
rispettato per la sua diversità. Una famiglia che lo ha accolto e aiutato a
crescere sereno e felice.
Tutto ciò è stato possibile
grazie all’aiuto
di tante persone: educatori, familiari, insegnanti ed esperti in
pedagogia speciale, che lo hanno aiutato a crescere per un’ottima integrazione
quando frequentava la scuola. Perché è fondamentale non restare soli, e sapere
anche che qualcuno può correre in
tuo e in suo aiuto. Una rete di relazioni che ha aiutato la nostra
famiglia a non sentirsi abbandonata.
Quando però per la famiglia i riferimenti
mancano, non sappiamo come si possa reagire al carico enorme di lavoro e di
preoccupazione. E se arriva la depressione, il carico da sopportare è schiacciante.
Cosicché quando accade qualche orribile fatto di violenza, come quello dei giorni scorsi a Città di Castello (Perugia),
con l’accoltellamento di un ragazzo con autismo da parte della mamma, c’è
naturalmente la colpa di quest’ultima, ma è colpevole
anche chi l’ha lasciata sola, quando ci sarebbe stato il dovere morale
e istituzionale di intervenire.
4 commenti:
Come se l'avessi scritto io!
Che contributo magnifico: Silvia
Grazie Presidente Liana Baroni,
a volte le persone dimenticano che siamo mamme con un menage assai complicato.
Ma siamo anche donne impegnate nel lavoro e nella famiglia che richiede una nostra partecipazione assai attiva.
Grazie infinite anche da me che sono un padre: Dario
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