Appartengo ad una generazione per la quale il Primo Maggio ha sempre rappresentato un irrinunciabile punto di riferimento ideale e umano. Un giorno speciale, insomma, in cui le lavoratrici e i lavoratori, ma insieme a loro i pensionati e gli studenti, i giovani antifascisti e i vecchi partigiani, scendevano in piazza innanzitutto per rivendicare quella che si chiamava "coscienza di classe"... Un giorno di lotta e di festa, dove si percepiva e si annusava il significato di valori che avevano nomi dal significato inequivocabile: "solidarietà", "pace", "internazionalismo", "diritti", "uguaglianza", "sciopero". Un giorno durante il quale si coglieva immediatamente un'identità e un senso di appartenenza che oggi, purtroppo, si scorgono con sempre maggiore difficoltà.
Quanti di questi simboli, infatti, sono spariti o, nella migliore delle ipotesi, si sono appannati? Eppure stime sconvolgenti segnalano una drammatica realtà economica caratterizzata da una impressionante crescita della disoccupazione; fasce di popolazione sempre più ampie sono "dentro" la soglia di povertà; le aziende chiudono o delocalizzano (qualcuno chiama tutto questo "regole della globalizzazione"), con la conseguenza del licenziamento di lavoratori che all'improvviso si ritrovano disperati e senza prospettive; ci sono persone che si uccidono perché non ce la fanno più a tirare avanti a causa della crisi; sempre più frequentemente vediamo gente, di ogni età e di ogni provenienza, che rovista nelle ceste dei mercati, o nei cassonetti della spazzatura, alla ricerca di cibo o indumenti che aiutino a sopravvivere...
Non se ne parla abbastanza sui mass media se non in occasione di qualche funerale eclatante che costituisce l'ultimo epilogo dell'ennesimo dramma familiare: è in tali occasioni che un regista "furbo", della Rai o di Mediaset, inquadra immancabilmente il volto solcato dalle lacrime dei familiari in modo da assicurarsi più confortanti indici d'ascolto. Il giorno dopo si torna alla programmazione di sempre, alle subrettine e veline scosciate, ai grandi fratelli, al gossip sguaiato, agli spot commerciali, al talk show politico utile solo a mettere in mostra i soliti nani e le immancabili ballerine!
In questo tormentato scenario trovo assordante il silenzio dei sindacati, sempre più ridotti al ruolo di attori (o meglio comparse) marginali. Tutori e custodi del CAF piuttosto che rappresentanti dei diritti e delle istanze dei lavoratori. Patronati anziché presìdi dei diritti dei cittadini.
Con i ricordi vado indietro nel tempo, a quando c'erano i Lama, i Carniti, i Pizzinato, i Trentin. Oggi ci toccano i... Bonanni e gli Angeletti (non solo loro, a dire il vero) e mi sembra che a colpirci sia un flagello prima ancora che una maledizione!
Come stupirsi, perciò, se il primo maggio (anche il primo maggio) è diventato "altro"? Se ormai i cosiddetti "concertoni" hanno soppiantato le ragioni di una giornata che aveva, e avrebbe, ben altre caratteristiche e ragioni che una sagra rocchettara?
Eppure anche questa volta i cosiddetti dirigenti sindacali saliranno, imperterriti, sul palco per rivolgere le solite parole di circostanza, e inevitabilmente saranno colpevolizzate le voci del dissenso provenienti, magari, da quegli stessi lavoratori licenziati, o in cassa integrazione, di cui parlavo prima, o da quei giovani che non trovano lavoro nonostante mille sforzi, o da quei pensionati ridotti alla fame, o da quelle donne che rivendicano (inascoltate) pari opportunità, o da quegli immigrati che ogni giorno fanno i conti con squallidi episodi di sfruttamento e razzismo, o da quei disabili che si vedono persino negato il diritto ad esistere, eccetera eccetera eccetera eccetera...
Molti di quelli che negli ultimi anni hanno contribuito a svendere le conquiste dei lavoratori si appelleranno a loro con la fantomatica promessa di un domani migliore. E così gli inventori del "lavoro in affitto" denunceranno la precarietà. Gli affossatori dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori alzeranno la voce contro gli imprenditori che licenziano. Quelli che fino a ieri sostenevano e fiancheggiavano, di fatto, i governi al potere, grideranno allo scandalo per la vicenda esodati o per la vergognosa riforma Fornero delle pensioni: si scaglieranno contro l'arroganza dei politici rivendicando la loro presunta verginità...
In quelle stesse ore, in cui le parole di un disco incantato risuoneranno nelle piazze di tante nostre città, i (cosiddetti) "capi sindacali" dimenticheranno - tra l'altro - di dire che tanti lavoratori e tante lavoratrici, del settore commerciale in primis e del terziario, saranno costretti, per paura del ricatto, a lavorare persino il primo maggio, con buona pace di quanti hanno sottoscritto, sulla loro pelle, accordi sugli straordinari ecc. E' il "nuovo" modo di vivere la realtà del lavoro.
Questi lavoratori e queste lavoratrici dovranno, per forza maggiore, accontentarsi di leggere sui giornali com'è andata...
E' solo un esempio, non è sicuramente l'ultimo... Peccato che il Primo Maggio sia diventato (anche) questo!
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Quanti di questi simboli, infatti, sono spariti o, nella migliore delle ipotesi, si sono appannati? Eppure stime sconvolgenti segnalano una drammatica realtà economica caratterizzata da una impressionante crescita della disoccupazione; fasce di popolazione sempre più ampie sono "dentro" la soglia di povertà; le aziende chiudono o delocalizzano (qualcuno chiama tutto questo "regole della globalizzazione"), con la conseguenza del licenziamento di lavoratori che all'improvviso si ritrovano disperati e senza prospettive; ci sono persone che si uccidono perché non ce la fanno più a tirare avanti a causa della crisi; sempre più frequentemente vediamo gente, di ogni età e di ogni provenienza, che rovista nelle ceste dei mercati, o nei cassonetti della spazzatura, alla ricerca di cibo o indumenti che aiutino a sopravvivere...
Non se ne parla abbastanza sui mass media se non in occasione di qualche funerale eclatante che costituisce l'ultimo epilogo dell'ennesimo dramma familiare: è in tali occasioni che un regista "furbo", della Rai o di Mediaset, inquadra immancabilmente il volto solcato dalle lacrime dei familiari in modo da assicurarsi più confortanti indici d'ascolto. Il giorno dopo si torna alla programmazione di sempre, alle subrettine e veline scosciate, ai grandi fratelli, al gossip sguaiato, agli spot commerciali, al talk show politico utile solo a mettere in mostra i soliti nani e le immancabili ballerine!
In questo tormentato scenario trovo assordante il silenzio dei sindacati, sempre più ridotti al ruolo di attori (o meglio comparse) marginali. Tutori e custodi del CAF piuttosto che rappresentanti dei diritti e delle istanze dei lavoratori. Patronati anziché presìdi dei diritti dei cittadini.
Con i ricordi vado indietro nel tempo, a quando c'erano i Lama, i Carniti, i Pizzinato, i Trentin. Oggi ci toccano i... Bonanni e gli Angeletti (non solo loro, a dire il vero) e mi sembra che a colpirci sia un flagello prima ancora che una maledizione!
Come stupirsi, perciò, se il primo maggio (anche il primo maggio) è diventato "altro"? Se ormai i cosiddetti "concertoni" hanno soppiantato le ragioni di una giornata che aveva, e avrebbe, ben altre caratteristiche e ragioni che una sagra rocchettara?
Eppure anche questa volta i cosiddetti dirigenti sindacali saliranno, imperterriti, sul palco per rivolgere le solite parole di circostanza, e inevitabilmente saranno colpevolizzate le voci del dissenso provenienti, magari, da quegli stessi lavoratori licenziati, o in cassa integrazione, di cui parlavo prima, o da quei giovani che non trovano lavoro nonostante mille sforzi, o da quei pensionati ridotti alla fame, o da quelle donne che rivendicano (inascoltate) pari opportunità, o da quegli immigrati che ogni giorno fanno i conti con squallidi episodi di sfruttamento e razzismo, o da quei disabili che si vedono persino negato il diritto ad esistere, eccetera eccetera eccetera eccetera...
Molti di quelli che negli ultimi anni hanno contribuito a svendere le conquiste dei lavoratori si appelleranno a loro con la fantomatica promessa di un domani migliore. E così gli inventori del "lavoro in affitto" denunceranno la precarietà. Gli affossatori dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori alzeranno la voce contro gli imprenditori che licenziano. Quelli che fino a ieri sostenevano e fiancheggiavano, di fatto, i governi al potere, grideranno allo scandalo per la vicenda esodati o per la vergognosa riforma Fornero delle pensioni: si scaglieranno contro l'arroganza dei politici rivendicando la loro presunta verginità...
In quelle stesse ore, in cui le parole di un disco incantato risuoneranno nelle piazze di tante nostre città, i (cosiddetti) "capi sindacali" dimenticheranno - tra l'altro - di dire che tanti lavoratori e tante lavoratrici, del settore commerciale in primis e del terziario, saranno costretti, per paura del ricatto, a lavorare persino il primo maggio, con buona pace di quanti hanno sottoscritto, sulla loro pelle, accordi sugli straordinari ecc. E' il "nuovo" modo di vivere la realtà del lavoro.
Questi lavoratori e queste lavoratrici dovranno, per forza maggiore, accontentarsi di leggere sui giornali com'è andata...
E' solo un esempio, non è sicuramente l'ultimo... Peccato che il Primo Maggio sia diventato (anche) questo!