domenica 11 gennaio 2015

SANDRO E LORENZO, di Adelaide G.

Ricevo e pubblico volentieri

Un grave incidente stradale che, vicino a casa mia poco prima di Natale, ha stroncato la vita di un ragazzo, mi ha richiamato alla memoria la storia di Sandro, un mio compagno di liceo, scomparso in circostanze analoghe più di trent'anni fa.
Le due vicende mi hanno fatto riflettere sull'analogia tra queste giovani vite spezzate a cui è negata la speranza di un futuro e la condizione di tanti ragazzi disabili a cui è impedito di progettare un domani, studiare, lavorare, vivere i loro amori.

In modo diverso, sicuramente, ma l'handicap è anche questo: la storia di una vita negata, come recita il sottotitolo di un importante romanzo. [Adelaide Gallo]

SANDRO E LORENZO

Al terzo richiamo di sua madre, Sandro si alza dal letto: ieri sera ha fatto tardi giocando a biliardo con gli amici e la sveglia suona sempre troppo presto. Indossa i levis, si allaccia le clarks marroni controllando l’effetto che fanno sotto la riga bianca dell’orlo ribassato; mentre finisce di infilarsi il maglioncino grigio è già in tinello dove è pronta la colazione. Beve velocemente il caffelatte e mette nel tascapane il panino con la marmellata che ha trovato sul tavolo. Si china a baciare la guancia della madre che trattiene per un attimo la mano che le  ha appoggiato sulla spalla.
“Se avessi una moto non sarei sempre così in ritardo” risponde con un piede sul pianerottolo alla raccomandazione di non arrivare tardi a scuola. “E poi oggi c’è l’autogestione”, aggiunge inghiottito dall’ascensore.
Il ritmo degli Inti Illimani a tutto volume lo accoglie nell’atrio scuro della scuola. In classe i compagni sono tutti in subbuglio, divisi in piccoli gruppi mentre aspettano di iniziare i seminari autogestiti.
“Vieni anche tu a fare autocoscienza?” Sta chiedendo Laura a Antonella.
“Sì, anche se preferirei un corso di psicologia, così capirei se vale la pena di iscrivermi a Padova.”
“Ma quale psicologia a Padova! Credimi è molto meglio sociologia a Trento.”Risponde Michela accendendosi una sigaretta e aspirando forte.
“E tu Sandro cosa farai da grande? A quale facoltà pensi di iscriverti?”
“Non so ancora, per il futuro c’è tempo: preferisco pensare all’oggi.” E mentre parla tiene d’occhio il ragazzo che è appena entrato.
“Tu Fabio cosa ne dici?”
“Sai cosa penso dello studio e della cultura: faticosi e inutili entrambi, soprattutto quando i soldi ci sono già!”  Dice il nuovo arrivato, posando il casco nuovo fiammante sul banco.
“Mi fai fare un giro dopo con la tua moto?” Chiede Sandro guardandolo con occhi imploranti.
“Appena finisce la mattinata, è tua.” Risponde quello, buttando sul banco le chiavi che Sandro afferra velocemente.
Sono da poco passate le 13, il sole brilla sulle strade che scendono dalla collina di Moncalieri, sui muri scalcinati del vecchio liceo, sulla moto nera, sul casco che incornicia il volto felice del ragazzo. I suoi occhi si socchiudono quando accelera deciso, si fanno attenti quando deve rallentare agli incroci, brillano di soddisfazione nel vedere che riesce a controllare il potente mezzo, conducendolo con attenzione nelle curve, nelle salite, nelle strettoie. Poi scende dal viale dell’ospedale e si lascia il centro storico alle spalle. Davanti a lui il rettilineo che va a Torino, quasi un invito a dare gas e provare il piacere della forte accelerazione di cui la moto è capace.
“Ma cos’ha quella vecchia carriola bianca che non va avanti e sta tutta sulla sinistra? Meglio scartare di poco e superarla di qua, dal lato opposto… Ma cos’è quella sagoma scura che sta uscendo dal portone? Cos’è questo rumore assordante e metallico? Cos’è questo sapore di sangue che mi sento in bocca? Perché ora non sento più niente?”

Lorenzo toglie dallo zaino la divisa da cuoco e la ripone nell’armadio. Posa i libri di alimentazione sullo scaffale vicino a quelli di storia e francese.
“Se avessi saputo che c’era bisogno di studiare così tanto non mi sarei iscritto all’Alberghiero, non so se ho fatto bene a farmi  convincere da chi diceva che offre più possibilità del liceo.” Mormora tra sé, guardando il gatto disteso sul termosifone.
Manca poco a Natale e come ogni anno si ripete, insieme alla frenesia della corsa ai regali, l’organizzazione dei viaggi delle vacanze invernali. Dalle pagine di Facebook gli amici raccontano i loro progetti: Samuele saluta tutto il gruppo perché sta per partire per Parigi; Leo e Francesco hanno già deciso di seguire le famiglie nel tour nel centro Europa: Vienna, Berlino e Norimberga li attendono, così potranno salutare l’anno nuovo a una latitudine diversa dal solito 45° parallelo.
Lorenzo si ricorda che deve ancora postare le foto della sera precedente, quelle in cui è rimasto così bene, come gli ha detto Silvia, con i pantaloni bianchi corti alla caviglia e i capelli appena rasati per mettere in risalto il codino. Finita l’operazione, spegne il computer e si avvicina alla finestra: dall’alto della collina di Moncalieri  vede l’arco delle montagne scurirsi davanti al tramonto che incendia il cielo e rende trasparente l’aria, mentre l’oscurità scende velocemente e accende una miriade di luci che si intersecano ad angolo retto nelle vie della città.
In quel momento sente squillare il cellulare: la foto di una ragazza bionda sorride dal display:
“Dove sei finito? Noi siamo qui al bar da mezz’ora, manchi solo tu.”
“Stavo facendo dei lavori, ma ho finito: ora vengo!”
“Sbrigati, dobbiamo decidere dove andare stasera, se non ti muovi non ti aspettiamo.”
“Dieci minuti, un quarto d’ora al massimo e sono lì.”
Lorenzo riattacca e si muove velocemente per la stanza indossando  giaccone, guanti e casco.
“Torni per cena?” la voce della madre lo segue per le scale e la sua risposta è coperta dal rombo del motore acceso nel garage mentre la serranda basculante si sta aprendo:
“Non mi aspettate, non so quando torno.”
Il faro della moto illumina uno dopo l’altro, in rapida successione, tutti gli alberi della discesa del viale del castello.
Strada Torino è intasata dal traffico, lento e congestionato, degli ultimi giorni di acquisti natalizi. I semafori, come sempre accade quando si ha fretta, scattano tutti sul rosso poco prima che lui arrivi.
Lorenzo gira la manopola accelerando a vuoto nervosamente, ma si trattiene dal passare lo stesso come fanno ormai abitualmente tanti ciclisti e motociclisti.
Non correre, non correre: sa solo raccomandare quello  mia madre. Possibile che gli adulti vedano solo pericoli dappertutto? E non capiscono che basta stare attenti e rispettare i segnali stradali e poi quando la strada è vuota, com’è finalmente questo tratto di corso Moncalieri, si può dare gas e correre  un po’ di più.”
“Ma cosa fa quell’auto gialla in mezzo alla carreggiata, non ha mica intenzione di girare e fare un’inversione, qui sulla doppia striscia bianca, non vede che sto arrivando io …  perché non si fermaaa?”

Sandro e Lorenzo ora hanno la stessa età: avranno per sempre 17 anni, l’età in cui un’auto ha fermato la corsa della loro moto, bloccando ineluttabilmente i loro sogni, i progetti da condividere con gli amici, gli amori presenti e quelli futuri. Sul registro di scuola tante caselle bianche vicino al loro nome, nel loro futuro una macchia nera che ha inghiottito e cancellato le pagine che ancora dovevano essere scritte.

Vite stroncate, le loro. Storie drammatiche e dolorose, diverse, ma solo in parte, da quelle di altre vite negate: quelle  dei ragazzi che non hanno sogni e progetti da realizzare, non hanno amori da inseguire, non possono costruirsi una famiglia, svolgere un lavoro, non avranno un futuro, perché la disabilità glielo impedisce.

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