domenica 11 gennaio 2015

Parigi: un commento

Può sembrare strano ma una delle richieste più frequenti che mi sono pervenute nelle ultime ore è scrivere una nota sui fatti accaduti a Parigi. Dico "può sembrare strano" perché, in realtà, molti sanno che io non amo parlare o scrivere ventiquattr'ore al giorno di autismo, né ho particolare simpatia e ammirazione verso quanti, per questo, ritengono (quasi) bello votarsi al martirio.
D'altra parte il blog non è, per mia scelta, monotematico (a maggior ragione non lo è il sito) e spesso ha ospitato, e continuerà a farlo, argomenti di diversa natura e ispirazione.
Detto questo non ho difficoltà ad esprimere, anche qui, la mia opinione, pur sapendo che la lettura che io do dei fatti avvenuti in Francia è molto diversa da quella che hanno dato quasi tutti i mass media nazionali e internazionali.

Partiamo da una premessa fondamentale: la condanna, che condivido appieno, di ogni forma di terrorismo. Nulla può giustificare il ricorso alla violenza e al terrore che attentano a vite innocenti.
Dove il mio pensiero diverge profondamente "dall'informazione" ufficiale è sull'idea di attacco, che ci sarebbe stato, alla libertà di stampa. A mio parere, infatti, quest'ultima non può mai spingersi fino al dileggio di alcuni valori fondamentali, in primis quelli che attengono alla sfera religiosa di ciascuna persona.
Anni fa un buffone leghista, che mi pare fosse addirittura ministro, ebbe la magnifica idea di mostrarsi in televisione con una maglietta molto offensiva nei riguardi di Maometto e del Corano. Ci furono vibrate proteste ma questo signore, che di nome fa Roberto e di cognome Calderoli, non avvertì minimamente il dovere di dimettersi, né il presidente del Consiglio dell'epoca, tale Silvio Berlusconi (poi agli arresti domiciliari per frode fiscale), che oggi si permette in video conferenza di lanciare strali e anatemi nei confronti degli islamici (e la "nipote" di Mubarak?), avvertì il dovere di sottrarre il nostro Paese alla vergogna internazionale "dimettendo" il burlone padano di cui sopra.
Ho voluto ricordare questo episodio (peraltro non isolato) a coloro i quali, e sono tanti, hanno la memoria corta. Un conto è la satira politica (che è da difendere ad ogni costo), altro è la cosiddetta satira religiosa che sbeffeggia e umilia milioni di persone, finendo col divenire brodo di coltura per le frange più fanatiche ed estremiste che, purtroppo (ma naturalmente) sono presenti in ogni religione: basterebbe, al riguardo fare un breve ripasso sui libri di storia...
Per tale elementare ragione trovo curiosa questa idea ballerina del "rispetto" e della "libertà". Curiosa perché mi sembra sbagliato che essa valga a corrente alternata, per alcuni ma non per tutti.

Mi sarebbe piaciuto  che da parte di tanti anchorman televisivi (e direttori di giornali) venisse posto l'accento anche su questo "piccolo" particolare (l'offesa religiosa, spinta fino al punto di diventare vera e propria provocazione), sfuggito invece a quasi tutti: non si può raccontare l'80% della verità ma il 100%, se non si vuole cadere in un racconto arbitrario e deformante dei fatti.
Davvero era così forte il bisogno di dileggiare un'altra religione in un contesto internazionale già così delicato, come quello in cui viviamo? C'era bisogno di far venir allo scoperto le frange più radicali dell'islam, offrendo loro il pretesto di una strage annunciata?

Concludo. Il terrorismo, a mio parere, si sconfigge solo promuovendo la cooperazione e lo sviluppo, non blindando le frontiere e alimentando  paure, come madame francesi e razzisti nostrani, vanno strumentalmente propugnando, in queste ore, a beceri fini elettorali. 
Sarà importante non dimenticarlo per impedire il ripetersi di tragedie così dolorose e ingiuste




Nessun commento:

Posta un commento