lunedì 18 agosto 2014

L'INPS e la diagnosi di autismo: doverosi approfondimenti

Questo contributo di Donata Vivanti è integramente visualizzabile nella sezione "Autismo IN" del sito www.gfrvitale.altervista.org
Nella sezione "ControINFORMAZIONE" c'è inoltre un nuovo post, spero altrettanto interessante.
Come sempre invito alla lettura e alla massima condivisione e diffusione.
Grazie [G. V.]

Leggo in «Superando.it», nell’articolo pubblicato qualche settimana fa, dal titolo Un Messaggio dell’INPS che “aggroviglia la matassa”, che si rimprovera all’INPS – fra i tanti sacrosanti motivi di biasimo -, di non fare riferimento, per la diagnosi di autismo, al DSM-5 [“Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders”, N.d.R.], ovvero alla nuova versione del Manuale Diagnostico e Statistico dell’APA, l’Associazione Americana degli Psicologi e Psichiatri.
Tuttavia – se non vogliamo ingarbugliare ancor di più la già imbrogliata ed evocata matassa -, sarebbe più prudente, prima di invocare la pronta adozione del DSM-5, considerare attentamente i rischi che tale adozione – forse prematura -, da parte dell’INPS comporterebbe, per i seguenti motivi.
Fino all’adozione del DSM-5 da parte dell’APA, le due principali classificazioni internazionali dei disturbi mentali, il DSM, appunto e l’ICD (International Classification of Diseases, ovvero “Classificazione Internazionale dei Disturbi e delle Malattie”) dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), coincidevano sostanzialmente nei criteri diagnostici per l’autismo.
La nuova edizione del DSM si discosta da quella precedente (il DSM-IV, non più in vigore), e di conseguenza anche dall’ultima versione dell’ICD (l’ICD 10), che nei criteri diagnostici per i disturbi dello spettro autistico, definiti «disturbi pervasivi dello sviluppo», si sovrappone al DSM-IV.
D’altra parte, molti centri diagnostici europei fanno riferimento piuttosto all’ICD che al DSM, essendo quest’ultimo una classificazione prettamente americana. E tuttavia, una nuova edizione dell’ICD (l’ICD 11), che potrebbe coincidere sostanzialmente con il DSM-5,sembra ancora lontana, a causa delle resistenze di autorevoli scienziati europei, incaricati della redazione di esso, a condividere i cambiamenti apportati dal DSM-5 nei criteri diagnostici per i disturbi dello spettro autistico.
Attualmente ci troviamo quindi di fronte a due classificazioni internazionali, che usano criteri diversi per diagnosticare l’autismo, e di conseguenza al rischio di aumentare ulteriormente la confusione.
Per di più, formulare una diagnosi di disturbo dello spettro autistico secondo i cambiamenti apportati dal DSM-5 richiede specifiche competenze e l’uso di strumenti diagnostici sofisticati. Per meglio spiegare quest’ultimo punto, vorrei presentare integralmente, qui di seguito, un articolo di Giacomo Vivanti, responsabile delle discussioni sui criteri diagnostici dell’autismo nel DSM-5 per l’Università La Trobe di Melbourne (Australia).

1 commento:

Unknown ha detto...

Credo che la confusione imperversi in molti campi oltre che all'INPS.
Conosco molte persone che hanno avuto 3 o 4 diagnosi diverse, mi risulta difficile pensare che le commissioni possano valutare con discernimento la gravità del disturbo autistico visto che pure la diagnostica è lacunosa.
Ricordo che la legge Legge 9 marzo 2006, n. 80 prevedeva che in caso di autismo grave non vi fosse bisogno di rivedibilità.
Non so se il DSM V sia foriero di chiarezza visto che nello Spettro autistico sono state incluse le persone con diagnosi Asperger che hanno una condizione assai diversa dall'autismo grave.
Insomma se non si fa chiarezza sulla diagnosi tutto quel che segue sarà sempre farneticante.

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