giovedì 11 aprile 2013

Caro Tiziano...

Tiziano Gabrielli, attraverso la sua testimonianza (vedi link a fondo pagina), pone una serie di domande che obbligano ciascuno di noi a una attenta riflessione. "Ciascuno di noi" vuol dire che la vicenda di cui è protagonista K coinvolge "direttamente", non in modo obliquo intendo, familiari, associazioni, istituzioni, tecnici, quanti - insomma - a vario titolo (chissà se a troppo titolo...) "dicono" di operare nel campo dell'autismo.
La storia di K è emblematica di un modo, colpevolmente superficiale, di gestire la difficile condizione di soggetto autistico. Fa capire come, più o meno inconsciamente, sia possibile favorire l'approdo all'istituzionalizzazione di una persona altrimenti capace, stanti le potenzialità di cui dispone, di godere di opportunità importanti, spendibili in un contesto di vita adeguato.
Personalmente ritengo che a determinare la deriva di K non sia stata, nello specifico, una sorta di "ubriacatura di protagonismo", inscenata da qualcuno... Credo, poco alle cosiddette "responsabilità individuali" (che ci sono ma non possono far dimenticare colpe ben più pesanti). Sono convinto, invece, che ci troviamo dinanzi al fallimento di un "sistema" del quale, piaccia o non piaccia, tutti - a vario titolo - siamo parte. E', insomma, la nostra sconfitta, la sconfitta di tutti, ed è miope non riconoscerlo.

Tante coscienze, troppe coscienze, sono oggi sopite fino a coprire, attraverso una sorta di deplorevole arrendevolezza, ogni cosa che accade (tanto più se non ci coinvolge direttamente). Diventare protagonisti spaventa; è molto più semplice ricercare una posizione defilata, delegare tutto, nascondersi dietro la comoda panacea della complessità dell'autismo, limitarsi alla facile critica indirizzata verso gli altri dimenticando l'arte molto più difficile dell'autocritica.
Ripropongo, qui, testualmente quanto ho scritto in un mio recente post, in risposta a un atteggiamento largamente diffuso:

Una presidente provinciale di Angsa se l'è cavata dicendo "Conosco bene il tuo pensiero, ma continuerò a fare quello che ho sempre fatto?" (è questa, a mio modo di vedere, una grave mancanza di rispetto nei confronti di una platea potenzialmente ampia, alla quale sarebbe stato giusto rappresentare le ragioni del dissenso dalle mie tesi, accompagnandole con la presentazione - ma c'erano? - di proposte alternative). Altri/e mi hanno detto che preferivano tenersi fuori dalla discussione con la motivazione che erano  in conflitto con associazioni affini alla loro (senza rendersi conto che in questo modo cadevano nella stessa spirale di isolamento e settarismo che avevano appena contestato). Altri/e presidenti non mi hanno degnato di una risposta (più importante, evidentemente, è stato presenziare al millesimo convegno nella speranza, perché no?, di un trafiletto a margine, da esporre nell'album di famiglia o nella bacheca dell'associazione...).
Altri/e mi hanno informato che non riuscivano a inviare i commenti che avrebbero scritto (dimenticando che sull'argomento ho pubblicato un post ad hoc e spiegato, anche in cinese, che sarebbe stato comunque possibile farmi avere il loro punto di vista tramite mail). Altri si sono presto allontanati (in pratica tutti quelli che contestano la mancanza di spazi di confronto. Quando hanno capito che, nel suo piccolo, questo blog gli spazi desiderati li aveva messi a disposizione sul serio, si sono immediatamente dileguati... Pronti, ci mancherebbe altro, a lamentarsi alla prossima occasione).
Ci sono stati genitori che mi hanno confessato la paura di essere ricattati (e a nulla è valso il mio tentativo di rassicurali). Qualcuno mi ha promesso che sarebbe intervenuto nelle prossime ore o nei prossimi giorni (non è avvenuto nulla di tutto questo: evidentemente perché trattasi di persone troppo impegnate); qualcun altro mi ha detto di preferire i cosiddetti commenti "vis a vis" (scordandosi di non avere mai aperto bocca in occasione di convegni, assemblee, eventi pubblici). Eccetera eccetera.

Che giudizio dare? Voglio dire: "In cosa queste persone sono legittimate a essere critiche nei confronti del "sistema" di cui invariabilmente denunciano l'arretratezza, le ingiustizie e le contraddizioni, dimenticando che il loro silenzio ne rappresenta la sponda più efficace?

Tornando al caso sollevato da Tiziano, mi chiedo: "Perché non è stato impedito il drammatico precipitare delle condizioni di vita di K? Perché è stato possibile non prevenire, attraverso un corretto approccio abilitativo, un peggioramento affatto scontato, che nessuno ha il diritto di ascrivere, superficialmente, alla cosiddetta gravosità della sindrome?".
Domande, le mie... Non vorrei si pensasse che intendo sovrapporle o aggiungerle ex novo a quelle sollevate da Tiziano. In realtà, come avrete capito,  io penso che le cose di cui stiamo discutendo non accadano per caso ma siano parte di un processo che muove da lontano. Di un modo di pensare e operare che, nella migliore delle ipotesi, definirei anacronistico, fondato sulla delega cieca e assoluta e sulla costante mancanza di verifiche per quanto attiene alla qualità degli interventi proposti.
Questo sistema non può che partorire storie come quelle di K. Chiuso a ogni innovazione non  comprende che alcune alternative sarebbero possibili perché validate da esempi concreti e disponibili a tutti.
A sigillare una tale ottusa blindatura contribuiscono le stesse associazioni operanti nel campo dell'autismo, che recitano un ruolo sempre più marginale e passivo, di mera testimonianza, sopravvivenza e sudditanza, anziché sforzarsi di essere protagoniste del cambiamento e dell'innovazione. Prigioniere, a volte, addirittura di oscuri intrecci che favoriscono i pochi a danno dei molti...

E' evidente che un tale scollamento dalla realtà può solo diventare foriero di scenari sempre più inquietanti  Sta a noi, alla nostra voglia di non rassegnarci, al bisogno di contrastare fino in fondo tutte le oligarchie (se non i monopoli) che a vari livelli  si sono prodotte e riprodotte negli anni, invertire il corso degli eventi.
Ce lo chiedono i tanti K, "istituzionalizzati" e non, che troppi signori impettiti continuano a  non ascoltare, girandosi dall'altra parte e fingendo di non riconoscere il malessere che li circonda.

http://www.scribd.com/doc/134169429/Vuoto-2

http://rapidshare.com/files/437947914/Vuoto%202.pdf

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Io penso che esiste un grande deficit culturale e a volte penso anche che faccia comodo. Mi sbaglio? Forza Gianfranco, forza Tiziano.
Giulio, Vigevano (genitore di Alessandro, autistico di 15 anni)

Anonimo ha detto...

Angosciante la situazione di K descritta da Tiziano Gabrielli perché mostra la deriva che colpisce un autistico che da bambino pareva godere di tutte le condizioni personali e familiari per compiere grandi progressi. Angosciante tanto da richiamare alla mente il personaggio Joseph K del Processo di Kafka, o l'agrimensore K del Castello, o il più famoso Gregor Samsa, lo scarafaggio della Metamorfosi, emblemi di un'emarginazione e di un'assurdità che nel suo paradosso rispecchia molto bene la condizione di molti autistici che si possono riconoscere nella doppia emarginazione dello scrittore praghese, ebreo e tedesco in uno stato boemo e cattolico.
Adelaide Gallo

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