sabato 27 aprile 2013

25 APRILE

Ricevo e pubblico volentieri


Perché parlare del 25 aprile due giorni dopo?  Per  non cristallizzare questa ricorrenza in un archivio storico da cui estrarla solo periodicamente e darle invece il respiro e il rilievo che merita  la sua innegabile attualità.
Come non riconoscerle tale caratteristica in un momento in cui si torna a parlare a gran voce di democrazia diretta e di partecipazione? Come non soffermarsi a riflettere sul suo impegno a superare le divergenze ideologiche per creare un fronte comune efficace  nella lotta contro il potente nemico nazifascista?
Non può che lasciare perplessi il fatto che proprio chi teorizza un allargamento della base politica e un coinvolgimento dei cittadini comuni  non voglia poi riconoscere la portata di quest’evento e si abbandoni a slogan ad effetto sulla “morte del 25 aprile”, pur di contrapporsi alla “casta” dei politici che la celebrano. Forse perché la Resistenza rende  ancora tangibile la forza della lotta a un populismo autoritario, affermatosi negli anni ’20 e non tanto diverso da quello che si sta provando a mettere in piedi attualmente?

Personalmente ritengo questa ricorrenza non solo un momento di riflessione su una pagina collettiva di storia nazionale: è anche  l’occasione per sfogliare l’album di famiglia e rivedere la foto di mio padre ragazzo con il fazzoletto rosso al collo (colore pur non particolarmente amato) e il giaccone di pelliccia sulle spalle, lo sguardo fiero di chi aveva fatto una scelta di campo e viveva sulle colline del Roero scene di guerra su cui in seguito preferiva non ritornare.
Scelta, quest’ultima, dettata forse dal suo carattere schivo, lontano dalla retorica e dal protagonismo di tanti, magari schierati dalla parte opposta per tutto il ventennio e  saliti in ultimo sul carro dei vincitori.
Scelta che ammetteva talvolta  eccezioni saltuarie e lasciava trapelare racconti di rastrellamenti e di rappresaglie, scene collettive, mai individuali, che mettevano in risalto la paura e le difficoltà di un paese disorientato, stretto intorno  ai suoi giovani. 

Come priva di retorica è la mia letteratura preferita sull’argomento: quella di Fenoglio del “Partigiano Johnny  e  dei  “Ventitré giorni della città di Alba”, quella di Calvino del  “Sentiero dei nidi di ragno”. Autori che hanno raccontato la lotta partigiana facendo sentire la fame e il freddo, la sete e la fatica, la puzza e la rabbia, le difficoltà e le contraddizioni dei partigiani arrampicati sulle colline e sulle montagne, nei casolari abbandonati e nei boschi di rovi dove si sentiva “fischiare il vento e soffiare la bufera” più che cantare gioiosamente “bella ciao”.
               
                E spero di non mettere retorica nelle mie parole nel dire che oggi c’è più che mai bisogno di ricordare queste pagine di storia nazionale che vanno lette come un esempio di superamento di divisioni ideologiche al fine di coalizzare le forze dei vari schieramenti politici, ricostituitisi nella clandestinità, contro il nemico nazifascista.
                C’è più che mai bisogno di non dimenticare l’importante esempio di collaborazione tra lavoratori e combattenti  avvenuto nelle fabbriche di tante città del Settentrione dove gli operai  con azioni di sciopero, boicottaggio e resistenza hanno  messo in difficoltà i Tedeschi facendo fronte comune con i partigiani e insieme  hanno combattuto nel Nord d’Italia liberando le principali città in quell’aprile di 68 anni fa, prima ancora dell’arrivo degli Alleati.
                Cosa rimane ora di quei momenti? Già Calamandrei  solo dieci anni dopo constatava “ci si guarda intorno e si sente un che di vuoto, un che di amaro. Sono tornate tante cose comode che avevamo perduto, ma quello che di vivo, di nuovo, di giovanile, di fresco, di umano c’era allora nei cuori e nell’aria oggi non c’è più”.
                Saluto mia figlia che sta andando  in piscina dove fa l’istruttrice e le chiedo se sa chi sia “Ferruccio Parri” cui essa è dedicata. Quando spiego che si trattava di una delle figure più rappresentative della Resistenza italiana  la sento dire “…e gli hanno dedicato una piscina?”

                Già, anche questo è il 25 aprile.

Adelaide Gallo

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