domenica 7 luglio 2013

OLTRE QUALI LIMITI?

Ricevo e pubblico volentieri un contributo di Adelaide Gallo, docente di scuola media superiore e volontaria presso una struttura torinese che ospita soggetti autistici. Si riferisce alla serata del 4 luglio in cui si è tenuto quello che Angsa Torino ha reclamizzato tra i suoi soci come "evento sicuramente interessante" (in continuità, peraltro, con quanto è stato fatto nei mesi e nelle settimane trascorse da molte sezioni di Angsa).


In quelle stesse ore non mi vergogno di dire che ero con Gabriele, autistico di 32 anni, a zonzo per la città, in bici, e poi a gustare un ghiacciolo, impegnato a regalargli scampoli di una serenità perduta o forse mai conosciuta. 
Consiglierei, se potessi, al pubblico radical chic e sinistrorso (lo dico da comunista dichiarato e mai pentito) che si è dato appuntamento nello sfarzoso cortile d'onore di palazzo reale a Torino, di provare a vedere come è fatto realmente un autistico in carne e ossa, come sono ridotti i suoi genitori (il 99% dei quali non può sicuramente assicurare al proprio figlio la presenza quotidiana di più figure professionali ed è costretto a ripiegare su scelte a cui ben volentieri rinuncerebbe se solo potesse), come sono le strutture che li ospitano, quali sono i veri bisogni dei nostri figli. Altro che fantastiche utopie.
E' un consiglio, il mio, che, a maggior ragione, estendo ad Angsa: penso, e temo, che ben diversi siano gli eventi interessanti di cui vorremmo sapere!
Ma capisco che le regole dello spettacolo vengono prima di ogni altra cosa, soprattutto quando garantiscono visibilità...

Annuncio che  pubblicherò domani e dopodomani gli interventi di Arianna Porzi (presidente di Angsa Torino) e Liana Baroni (presidente di Angsa Nazionale). Annuncio anche una novità legata al libro. Grazie.


OLTRE QUALI LIMITI?

Ho partecipato all’incontro di ieri, 4 luglio, della rassegna “Oltre i limiti” e colgo l’occasione di questo post per fare qualche considerazione personale.
Innanzitutto esprimerei una certa perplessità perché, in base all’anticipazione del depliant dedicato all’iniziativa, mi aspettavo una presentazione maggiormente incentrata sul problema dell’autismo e dell’esperienza personale di Nicoletti. Invece lo psicanalista Massimo Recalcati, coprotagonista, ha avuto molto spazio per presentare il proprio libro e dissertare sulle principali teorie psicoanalitiche relative al rapporto genitori-figli, normodotati, e sulle difficoltà del loro distacco sempre più difficile dalla famiglia.
Nicoletti è stato al gioco e ha dato alla presentazione una piega che forse non era proprio quella prospettata, sforzandosi a tratti di parlare anche di paternità in senso più ampio rispetto a quello che emergeva nei brani presentati dal lettore relativi al suo rapporto con Tommy, il figlio autistico.
Devo dire di aver apprezzato il rapporto molto forte  tra padre e figlio, creatosi da quando la madre si è sentita inadeguata fisicamente a gestire il ragazzo. Nicoletti si definisce custode e prigioniero al tempo stesso di quello che chiama la sua appendice.
Non ho però condiviso la visione della realtà, a mio parere poco concreta, di questo padre che, lungi dal preoccuparsi, come fanno molti, dell’affievolirsi delle sue forze nella vecchiaia, prospetta un’epica immagine di lui novello Anchise portato sulle spalle dal figlio, trasformato in un Enea un po’ balzano.
Analogamente sono rimasta perplessa di fronte alla presentazione del sogno di Nicoletti di costruire degli spazi appositi per questi ragazzi dove essi abbiano la possibilità di esprimersi liberamente in sorte di isole felici staccate dalla società, circondati dalla mediazione dei fratelli che presenterebbero tutti, chi più chi meno delle analogie con i “neurodiversi” e sarebbero in grado di svolgere questo ruolo di mediatori, a cui non mi pare si prestino peraltro molto spontaneamente.
Lo stesso termine “neurodiverso” usato spesso come sinonimo di autistico mi è parso un eufemismo, ma ciò che mi ha destato maggiori riserve è stato questo ribaltamento di obiettivi: non più cercare di adeguare il ragazzo alla società per consentirgli di muoversi al suo interno con una certa autonomia, bensì predisporre una parte protetta di società alle sue esigenze di ragazzo con bisogni particolari: non sbagliato in linea di principio, ma quasi utopistico nella realizzazione.
Come molto distante dalla realtà mi è sembrata la situazione illustrata dall’autore di suo figlio assistito da diverse figure professionali, cosa che non sempre succede a molti genitori che si vedono costretti, loro malgrado, a collocare il figlio autistico in centri residenziali, con tutta la sofferenza che una tale scelta comporta.
Da lì la domanda conclusiva, priva di spunti polemici, su quali siano i limiti oltre cui la presenza di un figlio autistico possa spingere una famiglia. Sicuramente limiti molto diversi in base alla situazione sociale, per non dire economica della famiglia stessa.

Adelaide Gallo










5 commenti:

Anonimo ha detto...

Bella recensione. Aiuta me a capire, Manuela

Anonimo ha detto...

Ti posso chiedere, Gianfranco, a noi cosa ce ne frega della vita privata di questo signore che imperversa da settimane? Ne parliamo ai nostri figli per farli star bene? Grazie Adelaide. Silvia

Gianvi ha detto...

Non posso risponderti, cara Silvia. Qualche benpensante lo chiamerebbe conflitto di interessi ma ti confesso che non risponderti mi dispiace... Ciao

Anonimo ha detto...

Anch'io ho avuto modo di ascoltare questo papà al salone del libro a Lingotto ed anche in quella occasione mi ha colpito il racconto della sua storia coniugale che non ho ben capito cosa c'entrasse con i problemi dei nostri figli, Mi sarei aspettata di avere indicazioni operative da chi, per lo stesso fatto, di scrivere un libro così pubblicizzato dai media, di autismo dovrebbe sapere. E invece...
Mariastella

Unknown ha detto...

Grazie per l'esposizione che mi ha permesso di partecipare all'evento. Ho conosciuto Nicoletti a Vicenza quando è intervenuto per il caso di Barbarano del ragazzo picchiato e seviziato a scuola. Mi ha fatto una buona impressione anche se ha questa visione utopica di un posto dedicato solo per l'autismo insettotipia. I genitori hanno bisogno di sperare e qualche volta sono un tantino irrealistici, ma meglio così che disperati!

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