martedì 3 dicembre 2013

FILMATO CON GABRIELE: THE SHOW MUST GO ON...

Il filmato contenuto in questo post propone alcuni momenti in cui Gabriele (autistico di 32 anni) è stato impegnato in attività pensate e realizzate dalla comunità residenziale che lo ospita.
Prima di indicare il link dove sarà possibile visualizzare il video vorrei soffermarmi brevemente sul significato delle due parole "attività" e "impegnato" che appaiono nell'incipit, perché non sono affatto sicuro che vi sia - intorno a loro - uniformità di interpretazione e giudizio. Questione affatto formale e vedremo perché...

Il termine attività presuppone, io penso, che una persona sia "attiva", cioè presente, partecipe, cosciente.
Mi chiedo: l'interesse del destinatario della proposta, nel momento stesso in cui è formulata, conta in misura importante o è poco più che un fattore marginale? In mancanza di partecipazione è possibile definire un soggetto autistico "impegnato"? Qual è in questo caso, ammesso che esista, la reale ricaduta dell'intervento?

Rispondere a queste domande potrebbe aiutare a capire una serie di equivoci (uso un eufemismo) che caratterizzano il cosiddetto intervento educativo proposto in molti casi ai soggetti affetti da DPS.
Sono due, io credo, le condizioni che possono permettere un efficace intervento abilitativo su una persona autistica: innanzi tutto è importante allontanarla dal disfunzionamento prodotto dalla presenza di interessi ristretti e ripetitivi  (le stereotipie) che ne condizionano e limitano fortementel'attenzione e il comportamento e, secondo requisito, è necessario - dopo avere spezzato la stereotipia - avviare una proposta effettivamente stimolante che renda quella persona il più possibile partecipe (naturalmente nei limiti imposti dalla sindrome) di quanto di vorrebbe fare.
Si tratta, a pensarci bene, delle stesse regole elementari che applichiamo, e vogliamo applicate a noi dagli altri, al nostro agire.
Ritenete, per esempio, che accetteremo così di buon grado l'invito a visitare la mostra di Renoir se mai nella nostra vita ci siamo interessati di arte? Ci alzeremo felici dalla poltrona dove, comodamente sdraiati, pensavamo di vedere in santa pace la partita in televisione o malediremo il giorno in cui abbiamo conosciuto il rompiscatole che ora spezza quel momento di benessere che pensavamo di esserci meritati? Pensate che saremo molto attenti e coinvolti dalla dotta esposizione della guida che ci introduce alle tematiche dell'impressionismo, se la nostra mente è assorbita da un pensiero fisso ben più attraente delle suggestioni  "en plain d'air"? Potremo dire a noi stessi di esserci "impegnati" utilmente in un'attività che - a torto o a ragione - sentiamo così poco vicina ai nostri interessi?

Sono domande, una volta usciti dalla metafora dell'arte e del calcio, collegate ai dubbi che possono scaturire, nell'autismo, dalla riproposizione reiterata di  approcci che poggiano quasi esclusivamente sulla monotona ripetizione di sequenze e procedure, a cui non si accompagna quasi mai un reale coinvolgimento della persona autistica. Con il risultato che si potrà (forse) parlare di esecuzione del compito, non certo di apprendimento dello stesso, né di piacere di eseguirlo! Eppure gli obiettivi dovrebbero essere esattamente questi!

Il filmato che presento (ringrazio i referenti della comunità che mi hanno trasmesso alcuni spezzoni) costituisce, nel suo piccolo, l'esemplificazione di ciò. Prima di entrare nel merito confesso di essere rimasto molto colpito, montando artigianalmente le varie parti del video, dalla ricorrente espressione malinconica di Gabriele... Non credo che questa annotazione sia di poco conto.

Si parte da un'attività, quella svolta in serra, che non lo ha mai particolarmente... appassionato (anche questo è un eufemismo). Mi chiedo: è utile che Gabriele (ma più in generale "un Gabriele" qualsiasi) la svolga "comunque" sol perché è stata strutturata e prevista, in astratto, per "tutti"? Indipendentemente dall'interesse mostrato da ciascuno?

Si prosegue con la preparazione di scatole natalizie. Colpiscono, in questo caso, due particolari: il telefono che a un certo punto inizia a squillare (palese elemento di disturbo) e la presenza di una stereotipia classica (quella di fissare l'orologio al polso, probabile segno di inquietudine e ansia).

Terzo momento: la scrittura sulle etichette. Qui appare un'altra stereotipia, questa volta legata alla richiesta di bere... Cosa si fa per interromperla, sapendo che essa pregiudica qualunque obiettivo di partecipazione e coinvolgimento nell'attività in corso? E' più importante che l'esercitazione sia completata o che la persona sia consapevole di ciò che sta facendo? Non sarebbe meglio sospenderla in attesa di essere ripresa in un altro momento (passando, magari, ad una proposta diversa che la allontani dalla stereotipia in atto)?

Quarto esempio: la preparazione e chiusura dei sacchetti. Si può scorgere qui un vero e proprio festival di atteggiamenti stereotipati...  Notare - per esempio - la richiesta continua di contatto fisico con l'operatrice; l'imitazione del verso sordo di un compagno...  Eccetera.
Ogni tentativo di coinvolgerlo risulta (se ne poteva dubitare?), a queste condizioni, impossibile! Chi cura la parte educativa dell'intervento ha spiegato all'operatrice, alla quale vanno certamente riconosciute doti di grande pazienza e buona volontà, come e cosa fare in questi casi? Sinceramente ne dubito molto...
Questa sequenza mi fa anzi venire in mente il classico "The show must go on" (traduzione: lo spettacolo, qui più sobriamente rappresentato dall'attività in corso, deve comunque andare avanti e concludersi!).

Altro step: la spesa. Tre, ancora una volta, i particolari su cui riflettere. La stereotipia del contatto fisico (evidentemente non poteva scomparire da sola senza lavorarci seriamente...); il pagare il conto (davanti a un ammontare di 4,68 € - già di per sé senza significato per Gabriele - non è lui che coscientemente prende la banconota di 5 € ma è l'operatrice che gli fornisce l'indicazione, a quel punto passivamente eseguita; l'evidente confusione di Gabriele quando gli viene chiesto quanti anni abbia (risponde 23 invece di 31, confondendo data di nascita con anno di nascita. Segno che non si è lavorato abbastanza su questo particolare tutt'altro che irrilevante, visto che attiene all'identità della persona).

Mi sembra una panoramica interessante, in grado di offrire qualche spunto su cui riflettere. Lo dico perché ci sono persone che frequentemente mi chiedono di spiegare loro cosa sia l'autismo e come interagire con un soggetto autistico. Spero che questo filmato offra qualche utile indicazione.
Mi limito a ricordare che ogni autistico ospitato in un centro esterno costa alla collettività almeno 5000 euro al mese. Credo che in presenza di queste cifre si dovrebbe avvertire il bisogno di dare un contributo serio alla soluzione di carenze molto evidenti, e le stesse associazioni non possono continuare a girarsi dall'altra parte lasciando sole le famiglie.
Nel frattempo, che dire?, "The show must go on"!

Il link è il seguente:

http://www.youtube.com/watch?v=dxknIh387tQ



7 commenti:

Anonimo ha detto...

Un ottimo contributo davvero. Grazie, Silvia

Anonimo ha detto...

Un filmato toccante: è vero che c'è l'espressione malinconica, ma non è poi tanto diversa da quella dei miei allievi quando eseguono i compiti loro assegnati.
Colpisce la padronanza della manualità di Gabriele e la sua sicurezza nel calcolo concreto, anche se non in quello astratto.
Questo è un documento utile, più di tanti saggi!

Anonimo ha detto...

Dimenticavo la firma: Adelaide

Anonimo ha detto...

É un documento prezioso che mi ha fatto riflettere molto.
Marco

Anonimo ha detto...

Condivido pienamente le parole di Marco. Salvatore

Anonimo ha detto...

Penso che se esiste il rapporto 1:1, come sembra di capire dal filmato, è giusto impegnare la persona in attività motivanti per lei. A volte sembra che Gabriele, che già è poco entusiasta dell'attività che gli è stata proposta, sia frustrato perché non riesce a portare a termine il compito in autonomia (e certo non per la mancanza di impegno che gli viene rimproverata dall'educatore). La spesa non sarà perfetta, però gli viene concesso il tempo per contare le pere (com'è bravo Gabriele a contare!), non è un accompagnatore passivo.
Dopo aver letto e riletto lo scritto di Mandela, bellissimo, penso che sarò più coraggiosa.

Viola

Unknown ha detto...

Mi sembra che Gabriele sia molto attento al video operatore più che alle operazione da svolgere. Ha una buona comprensione anche se appare spesso disorientato...ho sorriso quando l'ho visto al supermercato, perché ho pensato ai blitz di Andrea che arriva al supermercato con felpa indossata con il cappuccio sul davanti e pantaloni con fodere delle tasche in vista....non passa davvero inosservato...ma lui passa per la cassa e non paga :)

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