mercoledì 11 settembre 2013

NEL FRATTEMPO PROVANO A RICOSTRUIRE I MANICOMI

Ho ricevuto, qualche giorno fa, una mail da una mia amica (che ringrazio per la segnalazione), mamma di un soggetto autistico. Si concludeva così: "Davanti a questa realtà non ho parole. Altro che progetti abilitativi e riabilitativi, qui si vogliono ricostruire i manicomi...".
Come lei odio anch'io i giri di parole e soprattutto le ambiguità. Cliccare "mi piace" su Facebook, "condividere" articoli che magari non sono neanche stati letti con attenzione (vedi forse il recente "Autismo e scuola", dell'ultimo post), figuriamoci se approfonditi, è segno di una discutibile superficialità che non può permettere di cogliere le profonde contraddizioni che a volte esistono tra il nostro pensare e il nostro agire.
Eppure il tema sollevato era stimolante (cito testualmente): "Non sarebbe meglio se i genitori si attivassero per costruire, già al compimento della maggiore età, un futuro meno aleatorio per i propri cari? Cosa faranno questi ragazzi/e quanto anche il tesoretto-scuola si sarà esaurito? A quale altro parcheggio faranno riferimento? Non è una visione assistenziale (anche questa più volte denunciata...) quella che tante famiglie finiscono col sostenere in prima persona? Questo surplus di anni non sarebbe più giusto utilizzarlo per costruire qualcosa di più solido e concreto?".
Comprendo che i mass media spingano per interessarsi di più ad amene "conquiste", tipo cavalcate a cavallo che occupano persino  le prime pagine dei giornali (del resto come si fa a non convenire sulla "grande utilità" di tutto ciò? E' noto a tutti che non si tratta di una scelta di elites ma anzi i poveri cristi, che non sanno come sbarcare il lunario, con figli autistici compromessi nei bisogni primari, investono primariamente proprio su questa scelta...), però qualche dubbio, diciamo così, rimane... Io volevo solo capire se effettivamente fosse una grande idea far ripetere, al proprio figlio, tre anni la terza (per esempio), tre la quarta, tre la quinta... Anziché progettare e (magari) realizzare qualcosa di meno effimero.


Tornando alla segnalazione che ho ricevuto anticipo che si tratta di una interrogazione del consiglio Regionale del Piemonte (prima firmataria Eleonora Artesio), che può essere letta cliccando sul seguente link:
http://rapidshare.com/files/43387965/2012_05_21_Interr%20Beato%20Rosaz%20Susa%20e%20RISPOSTA%20(1).pdf

Segue un intervento del CSA (Coordinamento Sanità e Assistenza fra i movimenti di base)

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Alle tue domande non si può sfuggire parlando d'altro, è chiaro che come genitori siamo in contraddizione e io stessa lo sono con mia figlia. Ma perché l'anno scorso ho chiesto alla scuola di fermarla? Credi che se avessi avuto alternative l'avrei lasciata a non far niente con una che di autismo non capisce nulla? Con chi le costruisco le alternative?
Sui deliri di chi vorrebbe riproporre i manicomi dico solo che ci sbatterei volentieri lui. Manuela

Anonimo ha detto...

Sono al fianco di E. Artesio che ancora una volta sostiene una battaglia civile. Sull'altra questione credo che Manuela sia stata molto chiara: i genitori, in mancanza di alternative, prolungano un'esperienza sulla cui ricaduta molto ci sarebbe da dire (ahimè sono un insegnante di lettere). Sono stati citati esempi di scuole che funzionano (funzionerebbero), ma forse sta qui il limite. Parlare, infatti, di eccezioni significa implicitamente riconoscere che la regola è diversa. Altrimenti sarebbe inspiegabile il dato che è stato ricordato, di una pesante contrazione nel numero di allievi autistici frequentanti. Se 6 su 9 si "perdono" questo significherà pur qualcosa? O no?
Interessante l'esempio del Cottolengo, ne ho sentito parlare anch'io. Ricordo male o è una scuola parificata?
Un saluto, Marco

Anonimo ha detto...

É proprio una vergogna, niente da dire. Sull'altro tema penso che abbiano ragione Marco e Manuela, noi genitori con certe scelte alimentiamo l'assistenzialismo che denunciamo a parole. Però: dove sono i progetti alternativi per gli autistici adulti?Chi ci dà una mano?
Una cosa ancora. Non possiamo chiedere alla scuola di supplire a tutti i ruoli, compresi quelli che non gli competono. Ognuno dovrebbe fare la sua parte e spesso ho l'impressione che non sia cosi.
Silvia

Anonimo ha detto...

Non si può dar torto a Marco: in certe scuole le cose non funzionano e anche in quelle più efficienti non tutti hanno a cuore il tema dell'handicap. Forse perché non è ancora passato il concetto che tale tema non riguarda solo certi genitori alle prese con la disabilità de propri figli, ma tutti noi. Come disse il dr. Moderato "siamo tutti potenzialmente disabili" e leggere libri come quello di Gianfranco significa vedere noi stessi qualora la vita ci togliesse le nostre certezze, come ha osservato un collega del Galilei di cui non ricordo il nome.
Adelaide

Anonimo ha detto...

Lo stigma che porta a contrastare i disturbi psichici con queste "soluzioni" traumatiche rimane nella parte più retriva della psichiatria (e non solo). Manteniamo alta la vigilanza. Grazie a E. Artesio e a quanti si battono in questa battaglia civile.
Mauro

Anonimo ha detto...

Sono sempre notizie che passano in secondo piano, i media danno risalto ad altre notizie perché fa fin comodo. Bisogna fare controinformazione quando é necessario.
Fabrizio e Emi

Posta un commento